Grandi mostre. 5
Casa Balla a Roma

quel che resta
di casa balla

La ricostruzione della casa di Giacomo Balla, raccontata in una mostra al Maxxi nel centocinquatenario della nascita dell'artista, si è rivelata complicata, perché gran parte degli arredi e dei quadri non sono più lì. Aperta ora alle visite guidate, diventerà la sede dell'archivio storico del maestro futurista.

Lauretta Colonnelli

La ricostruzione di casa Balla, nel centocinquantenario dalla nascita di Giacomo Balla (1871-1958), è apparsa da subito un’impresa mille volte più difficile della «ricostruzione futurista dell’universo», ideata nel 1915 dall’artista con Fortunato Depero. I visitatori che riusciranno a entrare nell’appartamento al quarto piano del palazzetto in via Oslavia 39, nel quartiere Prati a Roma, dove Balla visse con la famiglia dal 1929 al 1958, troveranno un guscio vuoto. Scomparsi i quadri e i disegni, i tavoli e le credenze, le cassapanche e gli sgabelli, le cornici e i paralumi, le sedie e le librerie, i paraventi e i portaombrelli, addirittura qualche porta, e i mobiletti per le figlie, con gli angoli smussati perché le bambine non si facessero male. Tutti questi oggetti giocosi e rallegranti erano usciti dalla mente e dalle mani di Balla, artista poliedrico, che costruiva i mobili a incastro, senza chiodi e senza colla. E ritagliava nel legno, dopo averli dipinti, perfino i fiori da mettere sui tavoli e sul terrazzo. E disegnava anche gli abiti da donna e da uomo, e le borsette, le scarpe, i cappelli.

In via Oslavia sono rimasti i muri e i grandi armadi, notificati come beni inamovibili perché l’artista, per risparmiare il legno dei pannelli posteriori, avvitò le fiancate direttamente al muro e perciò anche gli armadi furono considerati muri.

Sono rimasti qualche lampadario, qualche mensola, qualche vestito futurista. E il grande quadro con Le mani del popolo italiano. Si può dunque ricreare integralmente casa Balla soltanto nella fantasia, osservando le rutilanti decorazioni delle pareti e degli armadi, e le foto delle stanze prima che venissero smantellate, e leggendo le descrizioni che ne fecero nel corso degli anni le persone che ebbero modo di vederla. La ricostruzione immaginaria è l’unica credibile. Perché casa Balla, più che un luogo, è ormai il ricordo di una casa che fu in continua metamorfosi. Una scatola magica, abitazione e studio e opera d’arte totale, che iniziò a prendere forma molti anni prima dell’arrivo di Balla in via Oslavia.