Chissà se avrebbe avuto la stessa fortuna come giocatore di football americano, visto che era un “quarterback” di notevole talento. Ma certo Matthew Barney (nato nel 1967) è diventato uno dei videoartisti più noti e più cari al mondo, almeno fino a qualche anno fa.
Appena laureatosi a Yale, è entrato nel giro dei grandi galleristi newyorchesi, Barbara Gladstone in testa, e poco dopo ha vinto premi internazionali di grande peso come il premio Europa 2000 alla 45. Biennale di Venezia. Così, fin dagli anni Novanta, lo si è ammirato nella rete dei musei Guggenheim, che gli hanno dedicato personali di grande rilievo negli Stati Uniti e non solo. Fu allora che creò Cremaster, la serie di cinque film intitolati al piccolo muscolo cremastere che, comandando i movimenti dello scroto, è fra i responsabili del funzionamento dell’apparato riproduttivo maschile e della definizione del sesso del nascituro. I film sono una carrellata di invenzioni e di creatività sui temi dell’identità e delle differenze/indifferenze sessuali che hanno generato non pochi entusiasmi e con cui l’artista ha raggiunto la notorietà. Fra i personaggi che Barney ha interpretato per l’occasione, troviamo anche il celebre omicida seriale Gary Gilmore che chiese di essere giustiziato nonostante il tribunale volesse sospendergli la sentenza. Per i vari Cremaster, Barney ha prodotto oggetti, foto, disegni, dipinti, via via messi sul mercato con notevole successo, almeno in una prima fase.