Estate. Uno dei suoi simboli è il cocomero: la buccia di un verde marezzato, una sottile parte bianca, rosso intenso all’interno, succoso e dissetante, dolce e fresco, i semi neri a punteggiarlo. Di recente ha perso di attrattiva rispetto a quando le serate estive erano caratterizzate dai rivenditori che, al tempo di Bartolomeo Pinelli, nella Roma ottocentesca, esponevano i frutti tagliati a metà su alte scalette decorate da nastri e vessilli. In seguito i cocomerai hanno utilizzato chioschi dove i frutti erano accatastati, per essere poi rinfrescati in mastelli pieni d’acqua. Naturalmente il passaggio successivo sono stati i frigoriferi e da poco i commercianti offrono la polpa tagliata a cubetti in un bicchiere, da prendere con una piccola forchetta, eliminando così la componente sensuale dell’affondare la faccia nella grande fetta per mangiarla a morsi. Quanto di più lontano si possa immaginare dai baracchini, ormai sempre più rari, dove la gente si radunava nelle notti troppo calde per essere passate in casa. Tradizionalmente, inoltre, i cocomeri si acquistavano soprattutto interi, ma per accertarsi della qualità veniva praticato con un coltellino un foro, creando così una sorta di tassello di forma triangolare o quadrangolare. Un’operazione fondamentale che permetteva al compratore di poter assaggiare il frutto per verificarne il giusto grado di maturazione. Il buco veniva quindi richiuso con lo stesso tassello a fare da tappo perché il cocomero, portandolo via, non perdesse il succo.
Gusto dell'arte
Rosso,
di origine africana
Ludovica Sebregondi