Architettura per l'arte

UN PROGETTO DI
CURA CONDIVISO

Inaugurato ad aprile, il centro di chirurgia pediatrica di emergency in Uganda, nato dall'incontro di Gino Strada e Renzo Piano, unisce leggerezza, sostenibilità ambientale e un'antica tradizione

di Aldo Colonetti

Bisogna immaginare un nuovo Umanesimo, oggi più che ieri, che possa partire dagli ospedali e dalle strutture sanitarie. Serve un salto culturale; gli ospedali sono ovviamente e soprattutto luoghi destinati all’eccellenza in campo medico, ma anche luoghi in cui la passione umana è di casa più che altrove. 


L’ultimo progetto di Renzo Piano, il Centro di chirurgia pediatrica di Emergency a Entebbe, in Uganda, voluto da Gino Strada, è la realizzazione di un sogno e di un impegno, iniziato nel settembre 2009, quando è nata l’amicizia tra Renzo e Gino. Una serie di telefonate e poi nel 2015, dopo avere trovato un appezzamento di terreno vicino al lago Vittoria, donato dal governo ugandese a Emergency, ecco la richiesta scandalosa di Strada: «Renzo, vorrei che progettassi un ospedale scandalosamente bello, in un luogo salubre, dove non è mai esistita un’opera del genere: portare il meglio delle nostre competenze, con le strutture, le tecnologie, le risorse che sono necessarie». 


L’architettura, come scrive Piano, «è un’attività pratica, concreta e umana; esprime, quando è al massimo delle sue capacità immaginative, un’idea di eccellenza come forma di resistenza. Non è mai ideologica, trova conferma nella realtà costruttiva». 


Ecco allora il risultato concreto di questa doppia “tensione” progettuale: quasi diecimila metri quadri, settantadue posti letto, tre sale operatorie, sei ambulatori, una foresteria con trentasei posti letto. Il tutto all’interno di un principio, oggi fondamentale: una sostenibilità ambientale che parte dalla muratura dell’ospedale, realizzata con la tecnica del “pisé”, un’antica tradizione, basata sull’uso della terra cruda. In questo caso un’argilla rossa, che deriva dallo scavo delle fondamenta dell’edifico, recuperando, in un’ottica di economia circolare e di risparmio dell’impatto di trasporto e smaltimento, una consuetudine diffusa e popolare di tecnica costruttiva locale. I muri, spessi sessanta centimetri, dialogano con la natura intorno e favoriscono un’alta inerzia termica, facilitando così la termoregolazione dell’edificio, senza disperdere caldo e freddo.