Save Italy

Villa Ada,
viaggio verso gli inferi

di Federico D. Giannini

Mentre Roma si prepara a eleggere il primo cittadino, con indignazione constatiamo l'ennesimo caso di degrado del suo patrimonio artistico e l'assenza di un piano strategico per mantenerlo in salute

A pochi mesi dalle elezioni per il sindaco di Roma, previste in autunno, non vi è traccia di riferimenti, strategie, visioni, pensieri su quello che è probabilmente il patrimonio artistico cittadino più vasto, importante e sfortunato d’Occidente.

Quanti guai, fare il sindaco “de Roma”. Mai che la faccenda venga vista in positivo, e cioè che il meraviglioso accumulo di migliaia di anni di civiltà possa provare a reinventarsi quale laboratorio culturale d’interesse mondiale e generare opportunità di lavoro e riscatto. Mai. “That’s Italy”. D’altra parte, se a Villa adriana ciclicamente ritorna la minaccia della discarica…

Fa male leggere l’esemplare, brillantissimo “viaggio negli inferi” che Edoardo Sassi ha pubblicato sul “Corriere della Sera” del 18 aprile. Tra infiniti disastri, recensiti mi soffermo in particolare su quelle tracce di splendore papalino/sabaudo che andrebbe riscoperto e fatto conoscere: villa Ada, ex Savoia, dove tante vicende fondamentali della storia patria (per esempio l’arresto di Mussolini) ebbero luogo: «L’immenso parco storico della città (quasi 200 ettari) piange l’inarrestabile declino di molti suoi edifici, tra cui le ex Scuderie reali e il delizioso tempio di Flora. Delle prime, per le quali negli anni si sono sprecati i progetti - da Museo del giocattolo a Casa della moda - e che hanno l’aria di star per crollare da un momento all’altro, restano quasi solo le teste equine scolpite all’ingresso e un malandato stemma della Casa reale. Anche il secondo, delizia neoclassica dove fino ai tempi di Vittorio Emanuele III si serviva il tè e si ricevevano gli ospiti, nonostante alcuni lavori condotti in occasione del Giubileo del 2000, cade a pezzi: è diventato terra di nessuno con inevitabile corredo di crepe, sfondamenti, “writing”». Romani, italiani, che ne è del vostro orgoglio?