New York, primavera del 2001. Downtown, le Twin Towers sono ancora in piedi. Dalla parte opposta, Uptown, il
Metropolitan Museum of Art ospita una grande mostra su Vermeer e i pittori olandesi della scuola di Delft, che a giugno si sposterà a Londra, della
quale resta memoria in un ponderoso catalogo(*). Questa è la realtà, ma entriamo nella fiction. È un giorno piovoso di primavera di
quell’anno e al Met si avverte un enorme boato. La nube di fumo attraversa la porta di una delle sale del museo, dove sta appeso un celebre ritratto di
Frans Hals, L’uomo con gorgiera (1625), che fa parte delle collezioni del museo. Qualche attimo prima, Theo Decker, un ragazzino di dodici
anni, e la giovane mamma appassionata d’arte si trovano lì, al cospetto di un piccolo dipinto su tavola di un pittore olandese, Carel Fabritius
(Middenbeemster 1622 - Delft 1654).
È il punto di partenza del capolavoro di Donna Tartt, The Goldfinch (Il cardellino), una fiction che pur dipanandosi in oltre ottocento
pagine, fra colpi di scena clamorosi e molta poesia, si legge d’un fiato. Il dipinto, che madre e figlio osservano, raffigura un cardellino, qui
illustrato alla pagina seguente. Accanto a loro, un anziano e una ragazzina. Tutti e quattro ammirano a una certa distanza l’uccellino dall’aria
malinconica. Pare un ritratto, è tanto realistico da sembrar vero. Un trompe-l’oeil, senza dubbio. «Davvero quel cardellino è sempre rimasto legato alla
catenella?», domanda sconcertata la bambina. Pochi istanti, la giovane signora si allontana. Poi «…un lampo assordante. E un boato», come racconterà al
distretto di polizia Theo Decker, sopravvissuto all’attentato.
Per fortuna non si tratta di un episodio reale. Anche il film ispirato al libro ha molta poesia ed è fedele alla trama. La descrizione di quel
boato, dei calcinacci, della polvere, delle vittime, dello spiazzamento di Theo in mezzo alle macerie, gli urli, le sirene, è impressionante. Richiama
alla memoria un altro boato, purtroppo reale, che aveva svegliato i fiorentini alle una di notte del 27 maggio 1993. Nei pressi degli Uffizi un
attentato mafioso uccise un’intera famiglia, i Nencioni: marito e moglie, con le figlie (una di dodici anni e la seconda di poche settimane di vita) e
uno studente di ventidue anni, Dario Capolicchio. Lo scoppio dell’autobomba distrusse e danneggiò dipinti d’inestimabile valore italiani e fiamminghi,
del Cinque e Seicento. Meglio non pensare a cosa sarebbe accaduto se la bomba fosse scoppiata di giorno.
Oggetto misterioso
Un ritorno
Alle origini
Gloria Fossi