Oggetto misterioso

Un ritorno
Alle origini

Gloria Fossi

Il cardellino di Carel Fabritius è il più amabile e malinconico dipinto che il giovane maestro olandese ci ha lasciato prima di morire nel 1654 per un'esplosione nella città di Delft, che coinvolse il suo atelier mentre lavorata. Ammiratissimo, nasconde ancora molti segreti.

New York, primavera del 2001. Downtown, le Twin Towers sono ancora in piedi. Dalla parte opposta, Uptown, il Metropolitan Museum of Art ospita una grande mostra su Vermeer e i pittori olandesi della scuola di Delft, che a giugno si sposterà a Londra, della quale resta memoria in un ponderoso catalogo(*). Questa è la realtà, ma entriamo nella fiction. È un giorno piovoso di primavera di quell’anno e al Met si avverte un enorme boato. La nube di fumo attraversa la porta di una delle sale del museo, dove sta appeso un celebre ritratto di Frans Hals, L’uomo con gorgiera (1625), che fa parte delle collezioni del museo. Qualche attimo prima, Theo Decker, un ragazzino di dodici anni, e la giovane mamma appassionata d’arte si trovano lì, al cospetto di un piccolo dipinto su tavola di un pittore olandese, Carel Fabritius (Middenbeemster 1622 - Delft 1654).

È il punto di partenza del capolavoro di Donna Tartt, The Goldfinch (Il cardellino), una fiction che pur dipanandosi in oltre ottocento pagine, fra colpi di scena clamorosi e molta poesia, si legge d’un fiato. Il dipinto, che madre e figlio osservano, raffigura un cardellino, qui illustrato alla pagina seguente. Accanto a loro, un anziano e una ragazzina. Tutti e quattro ammirano a una certa distanza l’uccellino dall’aria malinconica. Pare un ritratto, è tanto realistico da sembrar vero. Un trompe-l’oeil, senza dubbio. «Davvero quel cardellino è sempre rimasto legato alla catenella?», domanda sconcertata la bambina. Pochi istanti, la giovane signora si allontana. Poi «…un lampo assordante. E un boato», come racconterà al distretto di polizia Theo Decker, sopravvissuto all’attentato.

Per fortuna non si tratta di un episodio reale. Anche il film ispirato al libro ha molta poesia ed è fedele alla trama. La descrizione di quel boato, dei calcinacci, della polvere, delle vittime, dello spiazzamento di Theo in mezzo alle macerie, gli urli, le sirene, è impressionante. Richiama alla memoria un altro boato, purtroppo reale, che aveva svegliato i fiorentini alle una di notte del 27 maggio 1993. Nei pressi degli Uffizi un attentato mafioso uccise un’intera famiglia, i Nencioni: marito e moglie, con le figlie (una di dodici anni e la seconda di poche settimane di vita) e uno studente di ventidue anni, Dario Capolicchio. Lo scoppio dell’autobomba distrusse e danneggiò dipinti d’inestimabile valore italiani e fiamminghi, del Cinque e Seicento. Meglio non pensare a cosa sarebbe accaduto se la bomba fosse scoppiata di giorno.