Alla fine degli anni Quaranta, Nino Migliori inizia una serie di sperimentazioni “off-camera”. Parallelamente alle indagini socio-antropologiche e ai reportage quali Gente dell’Emilia o Gente del Sud mette in pratica anche approcci metafotografici. Realizza Autoritratti, ossidazioni parallele (1949) senza lo “strumento macchina”: il processo di sviluppo avviene bagnandosi mento, labbra, naso e polpastrelli premuti poi direttamente sul supporto sensibile della lastra fotografica. Indaga ulteriori declinazioni dell’autoritratto, porta dentro l’opera il gesto, apre l’immagine a componenti tattili, al tempo e al calore. Riflette sul mezzo, lascia spazio ai dubbi e a continue domande, rompe gli schemi della pura fotografia: l’effetto ottenuto sembra pittorico, ma in realtà si rapporta concettualmente con le ricerche di alcuni artisti internazionali del dopoguerra.
XXI secolo. 1
Nino Migliori
DUBBI ED ESPERIMENTI
DI UN VISIONARIO
Non è certo che le fotografie riproducano esattamente la realtà e ne conservino la memoria. Da queste premesse Nino Migliori, alla fine degli anni quaranta, esplora il campo del linguaggio fotografico con una serie di sperimentazioni dove protagonista è il gesto e non il mezzo
Mauro Zanchi