«Soltanto, mi dica, che cosa rappresentano quelle innumerevoli linguette nere, là in basso?», chiedeva il paesaggista
vecchia maniera Joseph Vincent. «Ma come […] sono gente a passeggio», rispondeva il critico Louis Leroy. «Allora io assomiglierei a loro quando vado a
spasso sul boulevard des Capucines?... Morte e maledizione! Ma lei mi sta prendendo in giro!», ribatteva seccato il paesaggista.
Questo curioso dialogo avveniva il 15 aprile 1874 a Parigi di fronte al quadro di Monet intitolato Boulevard des Capucines a Parigi del
1873, esposto alla prima mostra di quei pittori che poi si chiameranno impressionisti. Il boulevard era ripreso con uno scorcio audace, formicolante di
persone in un giorno di neve. Un quadro di “impressione” che riprendeva il viale dallo studio di Nadar, in rue Daunou, all’angolo col boulevard des
Capucines, nel cuore della metropoli. Nella sede, prestigiosa ed elegante, del fotografo francese si celebrava la prima mostra impressionista con
centosessantacinque opere. Una vera sfida.
A dialogare, come si è già detto all’inizio, erano il giornalista Louis Leroy e il pittore di accademia Joseph Vincent, che stava girando negli
spazi dello studio alla ricerca di una buona pittura con la forma e il rispetto degli antichi maestri. Invece, non si salvava nessuno di quei giovani
pittori. Impressioni, impressioni, ma che cos’erano? Le ironie, le critiche, i sarcasmi dello scandalizzato Joseph Vincent, riportati dal critico in un
suo lungo articolo uscito il 25 aprile sul “Charivari”, col titolo Mostra degli impressionisti, erano caustici.
Rileggerli diverte: le gambe della Ballerina di Renoir erano «inconsistenti come la garza del suo vestito». La brina bianca sui solchi del Campo
arato di Pissarro era «raschiatura di tavolozza distribuita uniformemente su una tela sporca» e così di opera in opera. Di fronte al numero 98, quadro
di Monet, intitolato Impressione, levar del sole, del 1872, Joseph Vincent era in totale frenesia. Ma non era l’unico a beffeggiare i
coraggiosi pionieri dell’impressionismo, Monet, Pissarro, Jongkind, Sisley, Béliard, Amand Gautier, Guillaumin e altri, che si erano uniti al gruppo.
Manet non volle parteciparvi e continuò a esporre al Salon ufficiale, dove aveva vita difficile per la sua modernità.
Grandi mostre. 2
Gli impressionisti a Gallarate
Il respiro della
pittura dal vero
Creatori di un proprio linguaggio, gli impressionisti, pur riconoscendo il valore della tradizione, tracciano nuovi orizzonti visivi. Sfidando, con coraggio, derisioni e perplessità di critica e pubblico.
Maurizia Tazartes