Nella penisola, vi sono numerose “città ideali”: teorizzate dai maggiori nomi del Rinascimento, e successivamente
costruite con schemi regolari e geometrici; il frutto di visioni laiche e quasi mai religiose; città diversissime dalle solite. Nascono, prima, per
volere dei signori e come loro residenza; poi, per difendersi dalle guerre; quindi, per ospitare i lavoratori di centri produttivi, o per essere fulcri
delle bonifiche e dell’agricoltura. Ma, nel tempo, hanno perduto le loro vocazioni: non ci sono più i prìncipi e nemmeno (per fortuna) le battaglie;
molte imprese sono andate in crisi e di agricoltura e bonifiche, meglio non parlare. Così, parecchi luoghi sorti come “città ideali” sono quasi
dimenticati; reclamano una manutenzione cui nessuno provvede. Per citare un solo caso, a nord di Alghero, a Fertilia, progettata in epoca fascista e
oggi frazione dello stesso Comune, palazzo Doria, uno dei più importanti edifici di proprietà demaniale, da decenni è murato e privo del tetto.
Soffre anche quella che, tra tanti piccoli gioielli di architettura pianificata e di grande valore storico, è forse la più esigua e la meno
conosciuta. Acaya è una frazione di Vernole, nel Salento, in provincia di Lecce; circa quattrocento abitanti; ma con vicende assai curiose nel suo
passato, e bellissima da vedere. Da Carlo II d’Angiò la riceve in feudo Gervasio dell’Acaya, nel 1294. Due secoli dopo – quando i turchi incutevano
timore (già nel 1480, diretti a Brindisi ma dirottati dai venti, attaccano Otranto, e decapitano ottocento cristiani che non volevano convertirsi) – un
discendente di Gervasio, Alfonso dell’Acaya, adegua una rocca già esistente, «aggiungendovi torri e altre opere di difesa», recita una lapide in latino,
murata su un torrione. Successivamente il figlio, il barone Gian Giacomo, completa l’opera del padre fortificando il centro con mura, bastioni e
fossato. Da quel momento il borgo, in origine chiamato Segine, assume il nome della famiglia. Oltre a strutture di difesa, Gian Giacomo progetta
l’ampliamento e la ristrutturazione del castello prevedendo pure ambienti per viverci con comodo: una sala poligonale, con nove lati, è decorata da un
elegante fregio in pietra; in un bastione a lancia, una stanza quadrata ha uno stemma del re di Spagna sulla volta; il più bello è il salone nel
torrione: con un fregio ricco di festoni di frutta e cornucopie, di uccelli e puttini, chimere, figure e scudi scolpiti.
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Giuseppe Penone a Firenze
LA CITTÀ SARÀ IDEALE
MA LE MURA STANNO MALE
Fabio Isman