Rarissimo è imbattersi in uno scultore immortale ancora presente sul mercato e a prezzi non elevatissimi. Può stupire
ancora di più se pensiamo che si tratta di un gigante come Gian Lorenzo Bernini (1598-1680), non solo scultore ma anche architetto, noto in ogni angolo
del mondo per il colonnato di piazza San Pietro in Vaticano, la Fontana dei quattro fiumi di piazza Navona e le sue tante opere architettoniche a Roma.
E famoso per le molte sculture in cui giunge all’apice la capacità barocca dell’artista di rendere in tutta la sua drammaticità un momento topico, la
maestria virtuosistica nel formare – quasi plasmare – il marmo, la rilettura della grande tradizione rinascimentale senza tradirla.
Grandi sculture di Bernini si trovano ormai solo nei musei, ma è accaduto anche di recente di vederne comparire in sale d’asta alcune di più
piccole dimensioni, a partire da vari bronzetti. Nettuno appartiene a una serie di cinque esemplari fusi su un modello creato dal grande
scultore per definire la struttura del gruppo marmoreo che pose al centro della fontana della villa romana del cardinale Montalto e che oggi è esposto
al Victoria and Albert Museum di Londra. La figura in bronzo di Nettuno sembra quasi morsa da una tarantola, tanto appare improvviso il
movimento con cui muove il suo tridente. I bronzetti, alti circa sessanta centimetri, si trovano quasi tutti in musei, ma nel 2019 Christie’s fu
abbastanza brava e fortunata nel trovare in una dimora nobiliare inglese un nuovo e sconosciuto esemplare. Lo propose in asta a Londra il 4 luglio di
quell’anno, stimandolo 280- 390mila euro, ma venne poi aggiudicato per quasi 550mila euro.
L’interesse dei grandi collezionisti non è mancato neanche il 30 gennaio dello scorso anno, quando Sotheby’s di New York ha presentato un altro
bronzo, apparentemente di minore qualità, ma comunque proveniente dalla bottega di Bernini. Si tratta di un modellino di ridotte dimensioni del
Monumento funebre alla beata Ludovica Albertoni, realizzato per la cappella privata della famiglia Altieri nella chiesa di San Francesco in
Ripa a Roma. Il bronzetto, seppure non di mano del maestro, venne creato prima della fine del Settecento e con notevole perizia, forse su commissione
della medesima famiglia, perché rimase a lungo nella loro collezione. Poi passò la Manica durante la seconda guerra mondiale e all’inizio del nostro
secolo fece molto parlare di sé quando venne esposto alla Scottish National Gallery di Edimburgo. Il 30 gennaio 2020 venne scambiato a New York per
520mila euro polverizzando la stima.
Ma i top lot di Bernini non sono in bronzo. Lo scorso 29 gennaio, a New York, Sotheby’s è stata in grado di offrire, all’interno della collezione
di Hester Diamond, Autunno, un marmo giovanile del 1615-1618 circa prodotto dal grande maestro insieme al padre Pietro. Non ha la drammaticità
delle opere più tarde, ma dimostra già virtuosismo nella lavorazione della pietra, specie per quanto riguarda la frutta appoggiata sulla spalla del dio.
Il ramo romano della famiglia Strozzi espose l’opera nella stanza di rappresentanza della villa di famiglia, ponendola su una colonna di alabastro, e se
ne separò solo all’inizio del Novecento. È stata pagata da Sotheby’s 3,2 milioni di euro, annientando il precedente record in asta dell’artista. Record
stabilito da Sotheby’s a Londa il 9 luglio 2002, che apparteneva a un’opera non in bronzo – una terracotta/bozzetto dal titolo Il Moro – che lo
stesso Bernini creò nella sua maturità, nei tempi in cui era ormai celebratissimo e il suo stile ben definito. Stimata conservativamente 180-280mila
euro anche per le dimensioni relativamente ridotte (trentacinque centimetri di altezza), Autunno fu poi oggetto di una durissima e lunga battaglia fra
collezionisti che si concluse solo quando il prezzo arrivò appunto a 3,2 milioni di euro. L’interesse era insomma più che vivo allora come lo è negli
ultimi anni: quando entra in scena Bernini, il mondo del grande collezionismo accorre.
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Daniele Liberanome