Grandi mostre. 4
Ritratti del rinascimento ad Amsterdam

NON TI SCORDAR 
DI ME

Un'estesa rassegna di ritratti raccoglie il meglio di un genere che tra quattro e cinquecento, in Europa, si avvia a un enorme e duraturo successo di pubblico. Un'occasione per riflettere sulle ragioni di quel successo, sul rapporto tra individuo e società ma anche sulle strategie di comunicazione a cui affidiamo la nostra immagine.

Claudio Pescio

A cosa serve un ritratto? Fin da subito, fin dal primo ritratto mai fatto, a ogni latitudine, è servito a riprodurre la fisionomia di un individuo perché altri possa vederla. E le ragioni possibili non si sono mai molto allontanate da quella che tuttora determina la decisione di realizzare un ritratto: fermare (in questo caso sarebbe quanto mai appropriato “fissare”) – idealmente per sempre, o almeno per quanto basta allo scopo – l’immagine di chi non è presente per motivazioni più o meno definitive: morte o assenza provvisoria.

Questo meccanismo presuppone un rapporto fra chi guarda e chi è guardato; e un riproduttore (pittore, scultore, fotografo…); e una serie di codici comunicativi da seguire. Di tutto questo si occupa una mostra ad Amsterdam – Vergeet me niet. 15de- en 16de eeuwse portretten (Non dimenticarmi. Ritratti dei secoli XV-XVI) – incentrata sul periodo che ha visto in Europa la prima, straordinaria fioritura di questo genere artistico dopo l’epoca romana; con prestiti da musei e collezioni di ogni parte del mondo attorno a un cospicuo nucleo di opere dell’istituzione ospite, il Rijksmuseum.

La cosa che salta subito agli occhi, in questa poderosa rassegna, è che i ritratti appartengono a una miriade di categorie diverse, raccontano storie, classi sociali, ambizioni che variano moltissimo fra loro grazie alla messa in scena di differenti espressioni, abbigliamenti, atteggiamenti, ambientazioni, simbologie.

La mostra presenta un centinaio di opere; tutte, in vario modo, collegate alle diverse esigenze cui dovevano rispondere, e ordinate tematicamente di conseguenza: potere, status, ambizione, fede, professione, ma anche a testimoniare la bellezza di un volto, un legame affettivo, un’occasione da non dimenticare e tramandare ai figli o ai nipoti, come un fidanzamento o un matrimonio.

Abbiamo chiesto al curatore, Matthias Ubl – che è anche curatore della sezione di Pittura antica olandese, italiana e tedesca del museo –, di spiegare alcuni dei codici di comunicazione che regolano l’efficacia di un ritratto. «La bellezza esteriore», ci dice, «non è necessariamente fine a se stessa, rivela e trasmette l’esistenza di virtù interiori; un sovrano opterà preferibilmente per una posa frontale che esprima potenza; le mani giunte garantiscono una fede sincera e si propongono a esempio per chi guarda».