CRETA:
DAL MITO ALL’ARCHEOLOGIA
E ALLA STORIA‌

La notevolissima importanza dell’isola di Creta, in posizione strategica nel cuore del Mediterraneo, e la fioritura, soprattutto sulle sue coste, di numerosi centri nell’ambito di un’antichissima civiltà preellenica si potevano ben immaginare già dalle numerose leggende che popolano la letteratura greca

Minosse e il suo predominio sul mare, l’architetto e inventore Dedalo (che per lo stesso Minosse progettò il famoso Labirinto), la nascita di Zeus sul monte Ida. Ma soprattutto, a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, una serie di grandi scavi condotti da archeologi di vari paesi, fra cui l’Italia, ha compiuto (e compie ancora) una serie di scoperte a volte clamorose.


Dopo importanti premesse nel Neo-Eneolitico, la civiltà minoica conosce una lunghissima e altissima fioritura dal XIX al XV-XIV secolo a.C., poi declina, in un complesso intrecciarsi con l’ascesa della civiltà micenea. L’idea di Creta che anche i nonspecialisti hanno in mente è quella di una ricchezza simboleggiata dallo straordinario sviluppo dei palazzi reali, nonché dall’eccellenza delle arti figurative: pittura, scultura (anche se le statue sono in genere di piccole dimensioni, come la famosa Dea dei serpenti), ceramica dipinta.


Quanto ai palazzi, è significativo che siano proprio loro a ispirare la terminologia usata per la prima formulazione di una scansione cronologica di massima: periodo Prepalaziale, cioè (banale forse spiegarlo) anteriore alla loro costruzione, fra seconda metà del III millennio a.C. e inizio del II; dei Primi Palazzi, fin quasi al 1700; dei Secondi Palazzi, fra 1680 e 1450 con nel mezzo un’altra distruzione e ricostruzione. Queste nozioni di base sono di solito accompagnate dall’avvertenza “ma di tutto questo si discute”. Che rende idea solo in piccolissima parte della realtà. Nell’approccio degli studiosi alla civiltà minoica, e anche a quella micenea, c’è un tipo di specializzazione molto spinto, che proprio nella elaborazione di cronologie ha individuato un obiettivo importante. Sono studi, diciamolo pure, di estrema difficoltà, perché l’epoca remota in cui fiorirono queste civiltà rende necessario un occhio particolarmente attento nell’esame dei materiali, dalle opere d’arte agli infiniti “cocci”, ma anche una particolare abilità nell’“incrociare” con questi dati quelli forniti dalle stratigrafie delineate al momento dello scavo (dati su cui si lavora con tecniche sempre più raffinate) o, in mancanza di queste (il metodo stratigrafico come lo intendiamo oggi è un’acquisizione relativamente recente), tutte le informazioni desumibili da vecchie relazioni.