Non si tratta però di vedute documentarie, ma dei cosiddetti “capricci”, cioè dei paesaggi ideali dove assemblare, riunendoli in maniera arbitraria anche se con grande estro decorativo e scenografico, monumenti diversi, creando quindi una sorta di memoria simultanea delle rovine più ammirate. Mentre nella serie dei “capricci romani” eseguiti a quattro mani da Bellotto e Zuccarelli appare l’ immagine di una Roma di fantasia, in cui monumenti reali sono abbinati a rovine immaginarie o addirittura a uno dei leoni collocato in primo piano dell’Arsenale di Venezia, nei capricci di Panini, una produzione vastissima prevalentemente indirizzata ai viaggiatori, ritroviamo maggiore precisione e intento archeologico nella rappresentazione dei monumenti antichi, proiettati con l’inserimento di figure o episodi della storia evangelica o antica in una dimensione senza tempo, suscitando così nello spettatore l’ammirazione per l’antica grandezza perduta. A questo sentimento eroico si sostituisce nei capricci di Hubert Robert la dimensione nostalgica del rimpianto, resa attraverso una pittura visionaria, atmosferica e sentimentale, molto diversa dal nitore ottico che caratterizza Bellotto e Panini. Come se l’intento principale non fosse quello documentario, ma la volontà di rendere l’impatto emotivo di fronte a questi resti imponenti e in certa misura misteriosi.
IL FASCINO DELLE ANTICHE
ROVINE E LO SPLENDORE
DELLA NATURA MEDITERRANEA
La passione per l’antico, di cui non solo Roma ma molte altre città e luoghi conservavano le memorie, favorì, legato soprattutto alle richieste dei viaggiatori e dei collezionisti stranieri, il fiorire di un tipo particolare di vedute che decretò il successo di pittori di grande talento come Bernardo Bellotto, Francesco Zuccarelli, Giovanni Paolo Panini, Hubert Robert e di molti atri specialisti, ai quali veniva richiesto il ricordo delle città e delle località visitate e delle loro ricchezze artistiche.