TRA IL CHIUSO
E L'APERTO

Savoldoera abituato a lavorare in serie, come a quei tempi accadeva di frequente (del resto, succede anche ai nostri).

Q

uando aveva trovato un tema confacente alle proprie caratteristiche di stile, era uso fornirne varie repliche, senza attendere che fosse qualche seguace a farlo, autorizzato o abusivo. Uno di questi temi ricorrenti è l’adorazione dei pastori, di cui la prova più piena ed esauriente è conservata proprio nella pinacoteca della sua città natale, la Tosio Martinengo di Brescia. Perché un tema del genere gli era caro, al punto di fornirne varie repliche? Forse perché costituiva un perfetto compromesso tra il chiuso e l’aperto. Come già si è detto, gli è mancato il coraggio giorgionesco di spostare Madonne e santi decisamente “en plein air”, ma sentiva pure una certa angustia a mantenerli come sequestrati in ambienti chiusi. Ecco allora la soluzione per lui ideale, riposta su un onesto compromesso, di partire dal chiuso della stalla proverbiale della Natività, ma con finestrelle che si aprono ai lati, di fianco, sullo sfondo, il che gli dà l’estro per farvi apparire dei personaggi solidamente inquadrati, senza l’obbligo, tipicamente “moderno”, nell’accezione piena, e dunque vasariana del termine, di metterli in un buon rapporto proporzionale reciproco. A quel modo, ciascuno di loro campeggia nel riquadro che gli è concesso, quasi fosse un ritratto, una presenza singola, sottratta all’obbligo di confluire in un insieme. E beninteso ciascuno di questi attori solitari può far brillare la sua personale sigla cromatica, come il pastore di sinistra, che ostenta una casacca di splendido, quasi fosforescente verde smeraldo, tale da forare le tenebre, il notturno che ovviamente domina lo sfondo. Col che Vasari, nella sua nota, aveva visto giusto, si confermano le due doti particolari del nostro artista, l’eccezionalità delle strisciate cromatiche e la maestria negli effetti notte.