Conoscevo, stampata sui libri di arte, l’immagine della Sposa, l’ultima opera di Gustav Klimt, rimasta incompiuta. Ma
soltanto di fronte al quadro, che con i suoi 165 x 191 centimetri è il più grande del maestro viennese, mi sono tornate di colpo in mente le visioni
oniriche descritte una trentina di anni fa da Marie-Louise von Franz.
La psicoanalista, che fu allieva di Jung e fondò insieme a lui il C.G. Jung Institute di Zurigo, raccontò queste visioni nel libro
La morte e i sogni. Le aveva raccolte da pazienti anziani e malati che sapevano di essere giunti al traguardo della loro vita. Ma anche da
persone giovani che nei mesi successivi l’avrebbero persa inaspettatamente in un incidente, o a causa di un malore improvviso. Come l’ictus che colpì
Klimt a cinquantacinque anni, l’11 gennaio del 1918, mentre dipingeva La sposa. Racconta Von Franz che nei sogni fatti in previsione della
morte ricorrono spesso le immagini che alludono al tema nuziale. Nozze mistiche, in cui la parte spirituale dell’essere umano torna a riunirsi con la
divinità; oppure in cui le particelle di energia psichica, strappate al funzionamento del corpo, si ricongiungono con l’energia cosmica, secondo un
motivo archetipico diffuso in tutte le religioni e in tutte le culture.
Grandi mostre. 2
Klimt a Roma
La sposa e le signore
di Vienna
L'ultima opera di Klimt, La sposa, imponente e incompiuta per l'improvvisa morte dell'artista austriaco, offre interessanti spunti di riflessione sulla sua parabola creativa, scandita anche da celebri ritratti femminili della buona società dell'epoca.
Lauretta Colonnelli