L'IMPORTANZA DEL
DISEGNO

Ci siamo sin qui preoccupati di dotarci di un buon punto di vista per considerare in modo più aderente e adeguato i disegni di Beuys.

Conviene guardare prima alle dimensioni formali, o eventualmente alla genealogia figurativa che i disegni rivelano, e meno al “discorso” che Beuys è abile ad associare a essi, soprattutto a partire dagli anni Settanta, quando la sua attività, che si presenta attraverso discussioni, incontri, seminari, presenta aspetti sempre più specificamente conversativi, militanti e “didattici”.

Se immaginiamo di sfogliare un catalogo dei disegni di Beuys, dalle prime “fantasie” umanovegetali dell’immediato dopoguerra ai “modelli”, i diagrammi e gli emblemi delle lavagne, osserviamo subito alcune costanti tecnico stilistiche ben caratterizzate, che riconducono perlopiù in ambito mitteleuropeo a cavallo tra Otto e Novecento. Klimt, Schiele, la grafica secessionistica delle riviste illustrate del primo Novecento, in parte Rodin per gli acquerelli di nudo femminile, il giovane Klee delle “invenzioni” e caricature, corsivo e “scapigliato”, il “gotico” espressionista: questi, alla lontana, i precedenti del disegno lineare, sprovvisto di chiaroscuro e modellato, dal tratto più spesso angolare e spezzato, talvolta fluido e curvilineo, che caratterizza Beuys pressoché in ogni momento della sua attività. Con una particolarità, essa stessa di tradizione tedesca o per meglio dire “tedesco-romana”, nella raffigurazione del nudo, soprattutto femminile: il rifiuto del modellato del corpo in torsione a favore di una schietta presentazione frontale dei piani in rilievo, uno dopo l’altro, uno sull’altro, come in una successione di lastre trasparenti, in assenza di chiaroscuro; o di una disposizione di profilo. Possiamo riferirci qui, per spiegare meglio l’orientamento di Beuys, alle teorie di Adolf Hildebrand (1847-1921) sulla “forma” nella scultura o al precedente, di grande importanza per lui, offerto da Wilhelm Lehmbruck (1881-1919). Arte egizia, arte cretese, arte ellenistica e pompeiana, arte paleolitica, arte giapponese, arte “gotica”: potremmo cercare citazioni di questo o quel disegno o stampa o bassorilievo o affresco o grafito rupestre o fregio vascolare nelle immagini in bianco e nero o nei disegni acquerellati di Beuys, riconoscendo pur sempre l’impulso a semplificare e combinare stili ed epoche diverse in un’unica “maniera” personale, resa riconoscibile, oltreché dalla linearità già richiamata e dai ricercati effetti di trasparenza, da riduzioni caricaturali, pose a tratti grottesche, movimenti esasperati e pressoché convulsi concepiti come per reazione alla composta «misura» di Mataré, suo insegnante, come vedremo a breve, in Accademia. Scelte di realismo “nordico” (riconoscibile nell’interesse per il dettaglio spinto sino alla sproporzione) convivono con l’esacerbato partito preso di dissezione. Distingue Beuys, già a questa data e sempre più in seguito, l’interesse per quei processi formali che non siano interamente controllati dall’autore e maturino lentamente nel tempo, come la diffusione su carta di sostanze oleose (il grasso, per esempio) o l’ossidazione dei pigmenti.