PERFORMANCE,
INSTALLAZIONI, VETRINE‌

A partire dai secondi anni Sessanta, l’attività di Beuys va incontro a un processo di crescente monumentalizzazione che si riflette nella gran mole e congerie degli oggetti che definiscono le installazioni, ne costituisce esempio la già citata Pompa del miele del 1977, o corredano le performance.

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Il ricorso a teche o vetrine, usuale per Beuys a partire dalla fine degli anni Sessanta, agevola l’ampliamento di scala: ciò che resta, come residuo, di questa o quella perfomance, e si tratta in genere di piccoli oggetti o scarne tracce materiali, viene raccolto ed esposto in vetrine spesso di grande formato, e le vetrine ordinate in gruppi all’interno di vaste sale di galleria o museo. Termine conclusivo del processo sono le “azioni” tarde, come 7000 querce avviatasi a Kassel nel 1982 per documenta VII: qui la scala dell’“azione” non è solo architettonica, ma urbanistica, prevedendo di fatto Beuys una «riforestazione dello spazio pubblico» di Kassel, città già sede di industrie pesanti, anche militari, ottenuta attraverso l’installazione appunto di settemila alberi di quercia. E in più defatiganti negoziati con le amministrazioni locali, uno sforzo di più anni, per l’artista, per finanziare l’intero progetto e un’imponente campagna pubblicitaria, disegnata da Beuys, per l’intera durata della manifestazione (senza parlare dei cippi in pietra che accompagnano l’installazione del singolo albero e costituiscono la componente specificamente plastica dell’intera “azione”). Tale processo di monumentalizzazione, che appare a tratti solo in parte giustificato da esigenze intrinseche, suggerisce all’interprete, quasi per reazione, di cogliere gli elementi per così dire minimi e fondamentali dell’attività dell’artista, vale a dire le costanti processuali e tematiche, i nuclei drammatici da cui muove l’intero processo creativo, spesso molto complicato anche sotto profili materiali. Vale la pena allora considerare con più attenagli angoli della sala e lungo le pareti, o l’animale morto. La scena è enigmatica. L’artista giace a terra immobile per otto ore, dalle ore 16 alle 24, avvolto in un pesante panno di feltro. Due lepri morte stanno alle estremità del suo corpo, e prolungano così idealmente il suo corpo. Un bastone di rame avvolto nel feltro figura nei pressi della testa, un altro bazione alcune tra le prime performance tenendo ferma la narrazione principale. Nella performance Il capo, presentata una prima volta a Copenaghen nell’agosto del 1964 e una seconda volta nel dicembre dello stesso anno a Berlino, con titolo leggermente mutato, Beuys compare per la prima volta in scena nel ruolo di interprete.

Debuttano anche “complementi d’arredo”, chiave delle performance dell’artista tedesco: il grasso, per esempio, già comparso in alcune installazioni di poco anteriori, è posto stone di rame, coperto di feltro solo nella parte centrale, è invece appoggiato alla parete. Compaiono anche dispositivi elettromagnetici. A mo’ di territorio “sacro”, interdetto ai profani (da qui anche il titolo della perfomance, che attribuisce un rango non comune dell’artista-sacerdote), la scena occupata dall’artista è nettamente separata dallo spazio riservato al pubblico. Che la perfomance abbia una lunga durata è dettaglio tutt’altro che irrilevante: per sua stessa scelta, Beuys si assoggetta a una prova insieme fisica e psicologica estremamente severa.