Dentro l'opera

LA PITTURA COME
SPECCHIO SUL MONDO

Cristina Baldacci

Un primo piano su opere meno note dal secondo Novecento a oggi, per scoprirne il significato e l’unicità nel continuum della storia dell’arte: Michelangelo Pistoletto, Uomo nudo di schiena

Agli inizi degli anni Sessanta, in una fase ancora “pop”, che precede quella dell’Arte povera, con la nascita ufficiale del movimento nel 1967, Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933) è alla ricerca dell’oggettività pittorica e delle possibilità riflettenti della superficie del quadro. Sperimenta allora gli autoritratti dal fondo nero, dove, applicando uno strato di vernice trasparente sulla tela, si accorge che la sua immagine si rispecchia, come una traccia, una fotografia fugace di sé. È la scoperta di una dimensione temporale che ricrea continuamente una relazione “istantanea” tra il quadro e lo spettatore, che, in questo caso, trattandosi di autoritratti, è presente come immagine riflessa e insieme dipinta.

Dopo queste prime prove, Pistoletto sceglie come base riflettente per i suoi quadri l’acciaio inox lucidato a specchio, inaugurando quella serie di opere manifesto, i cosiddetti “quadri specchianti”, di cui Uomo nudo di schiena fa parte, che negli anni rimarranno una costante del suo lavoro.
Il soggetto rappresentato varia: a volte è una figura intera, statica o in movimento, oppure un suo frammento (un mezzo busto o un paio di gambe), altre volte sono più figure restituite in pose diverse. Per ritrarre questi soggetti e mantenere il massimo di oggettività possibile, Pistoletto usa la fotografia collaborando con fotografi professionisti (il primo è Paolo Bressano). Inizialmente, ricalca l’immagine fotografica del soggetto ingrandendola in scala 1:1 e la dipinge su carta velina. In seguito, adotta un procedimento più rapido: trasferisce la fotografia direttamente sulla superficie d’acciaio attraverso la tecnica serigrafica.

Una volta collocato nello spazio espositivo, il “quadro specchiante”, che, come si vede nella fotografia qui riprodotta dell’allestimento di Uomo nudo di schiena, invece di essere appeso a una certa altezza sulla parete, viene appoggiato al pavimento, produce l’effetto di una realtà aumentata, in cui lo spazio della rappresentazione e l’ambiente concreto sono messi in comunicazione. Ribaltando la metafora rinascimentale del quadro come finestra sul mondo, Uomo nudo di schiena ne diventa lo specchio, quindi non un ritratto statico, ma un autoritratto che cambia di continuo. Come negli altri lavori della serie, lo spettatore è invitato a “entrare” nel quadro come figura agente e partecipe accanto al corpo ritratto di spalle, che invita a compiere questo gesto quasi come per immedesimazione (non tutti ma gran parte dei “quadri specchianti” ritraggono figure di schiena).

Si allargano così le possibilità della pittura, che assume anche un carattere performativo sancendo l’unione tra arte e vita, avvalorando, come dichiara lo stesso Pistoletto, «l’irripetibilità di ogni attimo, di ogni luogo e quindi di ogni situazione presente». I “quadri specchianti” sono dispositivi spazio-temporali che uniscono staticità e dinamismo, superficie e profondità, particolare e universale.


Uomo nudo di schiena (1962-1987), serigrafia a colori su acciaio inox lucidato a specchio, Prato, Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci.
L’opera, acquisto del Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci (della cui collezione permanente fa parte) con la Città di Prato, è in mostra nello stesso museo nell’ambito di Spazio Radicale, a cura di Stefano Pezzato (fino al 30 aprile).