Plautilla Bricci è nota da un paio di anni presso il grande pubblico grazie alla biografia romanzata scritta da Melania Mazzucco e intitolata L’architettrice. Ma la riscoperta della verità storica su Plautilla, nascosta nei documenti sepolti da quattro secoli negli archivi, era iniziata già molto tempo prima. A riaccendere, tra il 2007 e il 2010, l’interesse su questa donna, che in pieno Seicento era riuscita a diventare «celebre architettrice e pittrice», come lei stessa orgogliosamente si dichiarò, fu Luigi De Cesaris.
In quel periodo De Cesaris dirigeva a Roma, nella chiesa di San Luigi dei Francesi, i restauri di un’imponente opera di Plautilla: la cappella dedicata a Luigi IX, il “rex christianissimus”. Si chiedevano, i restauratori, come avesse fatto l’artista, in un tempo in cui alle donne era praticamente interdetto l’accesso alla scultura e all’architettura, a raggiungere una fama equivalente - forse anche maggiore - di quella di Caravaggio.
Se infatti al pittore lombardo erano state commissionate le tele con le Storie di san Matteo per abbellire la cappella Contarelli, fu a Plautilla che una settantina di anni più tardi venne affidata la costruzione di quella cappella che all’epoca doveva essere considerata l’opera più importante della chiesa. Talmente importante da permettere all’architettrice, che volle farla più grande rispetto alle altre, di sfondare verso l’esterno il muro laterale dell’edificio affacciato su via del Salvatore e, all’interno, di spostare in avanti la balaustra fino a invadere la navata.
Delle dieci cappelle dislocate nell’edificio, quella di San Luigi risulta infatti la più ampia e ricca di tutte. Si riconosce per la profusione di marmi policromi, le dorature, il panneggio di stucco azzurro con il motivo dei gigli d’oro che ne incornicia l’ingresso, la pala d’altare con l’effigie del re santo dipinta a olio dalla stessa Plautilla, la cupola ellittica sormontata da un lanternino con lo Spirito Santo che illumina un cielo affollato di angeli e nuvole sfumate di ocra. Il sapientissimo uso barocco della luce viene ripreso anche nella costruzione dell’altare, incorniciato da un finestrone che sfrutta l’illuminazione diurna e fa apparire la grande pala quasi sospesa nel vuoto.
«La cappella è una sontuosa e riuscita combinazione di tre arti: pittura, scultura e architettura, un inconfondibile marchio di matrice berniniana, e forse prova del rapporto che legò Plautilla al Bernini», si legge nella relazione redatta dai restauratori a conclusione dei lavori. Ma la figura di Plautilla continuava a restare un enigma. Oggi sappiamo che era nata a Roma il 13 agosto 1616 nella parrocchia di San Lorenzo in Lucina. Che aveva un fratello, Basilio, pittore e matematico. Che fu ammessa all’Accademia di San Luca.
Che la madre si chiamava Chiara Recupita e che il padre, Giovanni Bricci, dipingeva, scriveva commedie, frequentava la cerchia degli allievi del cavalier d’Arpino ed era cantore in diverse chiese romane. Ma tutto questo non basta a spiegare l’importante committenza ottenuta da Plautilla.
L’incarico le era infatti arrivato grazie alla sua amicizia con suor Maria Eufrasia della Croce, pittrice e sorella del potentissimo abate Elpidio Benedetti, l’agente a Roma del Mazzarino e del re di Francia. Fu lui ad affidare all’architettrice i due lavori più importanti: la cappella e, alcuni anni prima, la costruzione di una villa sulla via Aurelia fuori porta San Pancrazio, denominata in seguito il “Vascello” dalla forma che ricordava, per desiderio dell’abate committente, quella di «un vascello da guerra sopra uno scoglio».
Della villa, che fu distrutta durante l’assedio del 1849 dai cannoneggiamenti delle truppe francesi contro la Repubblica romana, non resta che la dettagliata descrizione dello stesso Benedetti, il quale raccontò come Bricci avesse partecipato anche alla decorazione interna dell’edificio. E avesse diretto le maestranze di artisti che portavano i nomi di Gian Lorenzo Bernini, Pietro da Cortona, Giovan Francesco Grimaldi. Perfino il capo mastro Marco Antonio Beragiola fu tenuto a «esseguire quello che dirà la detta signora Plautilla», come sta scritto nel contratto con il capitolato per la costruzione, firmato il 5 ottobre 1663 da Benedetti, Bricci e Beragiola, e conservato nell’Archivio di Stato di Roma. Furono allegati al capitolato sette disegni raffiguranti i prospetti e le piante dei tre piani dell’edificio e dei terrazzi di copertura. E fu ribadito che le piante e i prospetti erano opera di Plautilla Bricci «architettrice in ciò eletta».
FU L'ABATE ELPIDIO BENEDETTI A COMMISSIONARE A PLAUTILLA LA CAPPELLA DEDICATA A LUIGI IX, IL
“REX CHRISTIANISSIMUS” NELLA CHIESA DI SAN LUIGI DEI FRANCESI

