Grandi mostre. 7
La Fabbrica del Rinascimento a Vicenza
quattro eroi
all'opera
Un grande progetto espositivo racconta il fervore artistico di vicenza, trasformata alla metà del cinquecento in una città produttiva e d’avanguardia,
profondamente rinnovata nella cultura e nell’estetica.
Grazie al genio di Andrea Palladio, Paolo Veronese, Jacopo Bassano e Alessandro Vittoria.
Marta Santacatterina
Nel settembre del 1543 Vicenza si addobba a festa. O meglio, si veste “all’antica” per accogliere l’ingresso del nuovo vescovo Niccolò Ridolfi. La regia dell’imponente apparato effimero composto da statue colossali, obelischi, epigrafi, archi trionfali, è del letterato Gian Giorgio Trissino che coinvolge nell’impresa, come progettista, il giovane Andrea Palladio. Le decorazioni in legno, carta e stoffa vengono presto smantellate, ma rimangono nella memoria dell’architetto e nel giro di pochi decenni quei modelli classici diffusi dagli artisti romani, in primis Raffaello e poi Giulio Romano, si “pietrificano” in edifici pubblici e privati, trasformando il volto della città berica.
Ancora oggi nel centro di Vicenza si erge maestosa la Basilica palladiana, un complesso medievale che dal 1549 Palladio rende moderno rivestendolo con eleganti logge in pietra; al suo interno, in particolare nel vasto salone del Consiglio dei quattrocento, è stata allestita La fabbrica del Rinascimento (fino al 18 aprile). Una mostra che intende restituire una visione complessiva delle arti collocandole nel loro contesto, e lo fa riportando idealmente i principali attori nei luoghi che li hanno visti operare, mostrandoli grazie ai ritratti, ai loro palazzi, mettendo il naso nelle botteghe degli artisti e ricostruendo i valori monetari delle opere e la nascita del collezionismo.
La presentazione dei protagonisti avviene in pompa magna: il visitatore viene accolto dai ritratti di Iseppo da Porto e della moglie Livia Thiene. Sono di mano di Paolo Veronese che per la prima volta ritrae i nobili a figura intera e teneramente accompagnati dai loro figli, come il piccolo Leonida che sembra una copia in miniatura, spadino compreso, del padre. Di fronte stanno alcuni modellini di edifici: sono le dimore dei vicentini, nobili e ricchi mercanti che, per costruirle e decorarle, chiamarono i “quattro eroi” a cui è dedicato il progetto espositivo, i quali spesso lavorarono fianco a fianco e furono pure amici. Andrea Palladio, Paolo Veronese, Alessandro Vittoria e Jacopo Bassano - quest’ultimo un poco a latere, nella florida provincia - manifestano la loro grandezza sulla parete a fianco, con un capolavoro ciascuno. Si scopre così che Veronese comincia a lavorare come scalpellino e nei dipinti inserisce tracce evidenti della sua formazione: nell’Unzione di Davide compaiono un frammento di architrave romano decorato e un palazzo che assomiglia alle invenzioni palladiane. Del geniale architetto si presenta la maquette di palazzo Chiericati con la facciata a colonne in laterizio che, grazie a una soluzione “low cost”, sembrano di marmo: una tecnica ripresa dal passato e tradotta in linguaggio moderno da Palladio. Alessandro Vittoria scolpisce i suoi busti-ritratto vestendoli con abiti antichi e Jacopo Bassano affolla l’Adorazione dei pastori con imponenti figure naturalistiche di uomini e animali, mentre il gruppo con la Vergine e il Bambino che spicca sulla sinistra del dipinto è un chiaro omaggio a un maestro della Maniera, Parmigianino.
Parafrasando le parole di Guido Beltramini, curatore della mostra assieme a Davide Gasparotto e a Mattia Vinco, per comprendere le opere d’arte che ci giungono da un passato lontano e sfumato bisogna indagarle sotto vari punti di vista.