RITORNO A LONDRA

Si dice che Sickert abbia deciso di tornare a Londra dopo aver ricevuto a Dieppe la visita di tre giovani colleghi inglesi: Albert Rothenstein (poi Rutherston), fratello minore del suo amico William, Spencer Gore e Walter Russell: i primi due erano stati allievi della Slade School of Fine Arts, il terzo insegnava in quella scuola.

I tre convinsero Sickert che a Londra c’era un gruppo di giovani artisti in cerca di una guida. E Sickert aveva tutti i requisiti per assumere quel ruolo: più anziano di una generazione, carismatico, indipendente e internazionale, al corrente dell’arte moderna francese e in dissidio con le linee più prudenti e insulari di tanti suoi coetanei. Di buon grado Sickert si fece carico del compito. L’autoritratto The Juvenile Lead, del 1907, ce lo presenta maturo, deciso ed elegante, molto diverso dall’uomo tormentato e incerto dell’autoritratto di Leeds del 1896. La bombetta che indossa dà presa plastica alla figura e interagisce con una superficie elaborata e materica, indizio secondo lui di «buona pittura». Il dipinto ricorda, lo si è detto spesso, gli autoritratti “au chapeau melon” (con bombetta, appunto) di Paul Cézanne. Quest’ultimo di lì a tre anni sarebbe divenuto il perno attorno al quale Roger Fry avrebbe fatto ruotare l’impianto teorico del postimpressionismo, e più in generale del suo formalismo, e a quel Cézanne Sickert dette contro, anche esagerando, non solo perché in generale era infastidito dalle vacche sacre, ma anche e soprattutto perché, nell’ottica di Fry, Cézanne diventava il capostipite di un’arte autoriferita, priva di rinvii al mondo esterno alla pittura. Sickert, invece, è un pittore assetato di storie, in cerca del confronto con la realtà e gli esseri umani: oscilla continuamente fra partecipazione e distacco, ma è sempre attento, lo si è visto sopra, alla varietà e alla complessità del mondo.