Nato a Monaco di Baviera, da padre tedesco di origine danese e da madre britannica, cresciuto sino agli otto anni in Germania, poi emigrato a Londra, con continue puntate in Francia e un periodo di sette anni trascorso lontano dall’Inghilterra, fra Dieppe, Parigi e Venezia, poliglotta e internazionale nelle frequentazioni e nelle amicizie, Walter Richard Sickert (1860-1942) è tuttavia un artista squisitamente inglese: ama il music hall, quello autentico delle origini; dipinge nudi di donna, spesso di prostitute, nelle stanze povere dei quartieri settentrionali di Londra, in uno spirito antitetico a quello dettato dal comune senso del pudore britannico, ancora orientato dalla morale vittoriana; e tuttavia nelle sue immagini tarde si ritrova a citare la pittura narrativa vittoriana, in dissenso con la direzione imboccata dal modernismo inglese; riprende da William Hogarth l’idea del “conversation piece”; ama le illustrazioni di Charles Keene e le storie lugubri legate alla città di Londra, gli assassinii di Jack lo Squartatore (con il quale la giallista americana Patricia Cornwell ha voluto identificarlo) o l’omicidio di Camden Town. Per temperamento è un irregolare che non ama mescolarsi a iniziative di gruppo e perciò, malgrado sia il maggiore artista britannico nel trentennio tra l’Otto e il Novecento, non è popolare fuori dai confini nazionali. La sua storia critica è prevalentemente inglese, ma di alto lignaggio, se si pensa soltanto alla Conversazione dedicatagli da Virginia Woolf, e anche gli influssi del suo lavoro sono circoscritti all’arte inglese, dai primi seguaci di Fitzroy Street e del Camden Town Group alla generazione di coloro che all’indomani della seconda guerra mondiale restavano saldamente legati alla figurazione, come Frank Auerbach, per esempio, o Francis Bacon. La sua pittura è sapida e raffinata, avventurosa e conservatrice, talora elusiva, ma resta sempre legata al fattore umano: a un personaggio, a una storia, a un ambiente… Senza di lui, l’arte moderna inglese tra l’ultimo ventennio dell’Ottocento e la prima metà del Novecento avrebbe un volto assai diverso.