Dentro l'opera
UN VIAGGIO NEGLI ABISSI
(POST)COLONIALI
Cristina Baldacci
Noto al grande pubblico come regista di film di successo, tra cui 12 anni schiavo (2013), che gli è valso l’Oscar nel 2014, l’inglese Steve McQueen (Londra, 1969) - da non confondersi con l’omonimo divo statunitense - ha cominciato la sua carriera di filmmaker nel contesto dell’arte contemporanea. Come figlio di immigrati grenadini, i suoi lavori, tra arte visiva e cinema, si concentrano soprattutto su questioni postcoloniali e sono spesso ambientati nei Caraibi. Quella zona del mondo che, nel suo celebre Poetica della relazione (1990), l’autore francese, di origini martinicane, Édouard Glissant ha denominato, insieme a gran parte del Centro-Sud del continente, «Neo-America». Per lui campo di prova di un processo di “creolizzazione”, generato dall’incontro-scontro tra culture, sensibilità e percezioni diverse, che infrange la falsa illusione occidentale di un tutto universale in favore di una visione decolonizzata e più veritiera del mondo come essenzialmente caotico, dove prevalgono la diversità identitaria e la molteplicità culturale.
Il lavoro di Steve McQueen si inserisce in questo contesto geografico e concettuale. Se il lungometraggio 12 anni schiavo affronta storicamente il tema della schiavitù negli Stati Uniti, poco più di un decennio prima della sua abolizione definitiva nel 1865, il film (in Super 8 mm trasferito su video) Western Deep - da cui il fotogramma qui riprodotto - è una storia di oppressione e violenza calata nel presente. Un viaggio negli abissi, a tre chilometri e mezzo di profondità, nel giacimento d’oro più oscuro della terra, TauTona, a sud-ovest di Johannesburg, dove i minatori vivono quotidianamente sulla propria pelle una discesa negli Inferi. Il racconto delle condizioni atroci e miserevoli alle quali sono costretti è reso ancora più drammatico dal suono meccanico e stridente che accompagna le immagini. Ne risulta un’atmosfera claustrofobica, che oltre a essere espressione di una situazione senza speranza, è metafora della “caduta” di una razza, quella sudafricana, soggiogata per decenni dall’apartheid.
Realizzato per documenta 11 nel 2002, Western Deep viene presentato insieme a un altro film dell’artista, Caribs’ Leap, come dittico di lavori complementari proiettati contemporaneamente su più schermi. In questo modo McQueen mette a confronto due storie di soprusi, l’una contemporanea, l’altra risalente al passato coloniale. Caribs’ Leap rievoca infatti il gesto radicale che gli abitanti dell’isola di Grenada compirono a metà del XVII secolo buttandosi da una scogliera per sfuggire al dominio francese. Con questo sacrificio collettivo scelsero la libertà e da allora il villaggio principale dell’isola ha preso in loro onore il nome di Sauteurs, “saltatori”.
