Se definire un pittore attraverso un’“etichetta” stilistica appare spesso artificioso, inserire Walter Sickert (1860-1942) in una delle caselle della storia dell’arte è quasi impossibile. Cosmopolita già per nascita (madre anglo-irlandese e padre tedesco-danese) si spostò presto a Londra dalla nativa Monaco di Baviera per poi trascorrere tutta la sua vita tra la Francia e la capitale inglese con lunghi periodi in Italia. Attento e flessibile, assorbì nei diversi momenti della sua carriera i diversi stili del fecondo periodo artistico che ha attraversato. Sei anni più giovane di Van Gogh e nove più vecchio di Matisse, Sickert coniugò la ricerca degli effetti della luce, sulle orme di Monet, con l’interesse verso gli aspetti umani della vita urbana, ispirato da Pissarro, mentre da Degas apprese a dipingere da disegni e fotografie, usando una tavolozza dai colori più profondi e scuri; tavolozza che, grazie alla conoscenza dei Fauves e dei Nabis, in altre fasi del suo percorso artistico divenne più brillante e vivace.
Come fondatore e leader del Camden Town Group a Londra, “importò” in Inghilterra le pennellate del postimpressionismo costruendo un ponte tra la cultura artistica francese e quella britannica. E oggi proprio dalla capitale inglese parte il rilancio di un pittore che fuori dal mondo anglosassone è rimasto in ombra. La Tate Britain gli dedica una grande retrospettiva con centocinquanta opere provenienti da collezioni pubbliche e private. «Lo scopo principale della rassegna è quello di riproporre Sickert al pubblico francese e di ricordare agli inglesi l’importanza delle fonti francesi nel suo lavoro e in quello degli artisti inglesi che lui ha influenzato», sottolinea Emma Chambers, curatrice della mostra. E aggiunge: «Il suo approccio multiforme e la costante innovazione delle sue opere lo hanno fatto diventare una delle figure chiave nello sviluppo dell’arte d’Oltremanica».
