Itinerari
"Padova Urbs Picta"

nel cuore della
città dipinta

Nei primi anni del trecento l’arrivo di Giotto a Padova provoca un vero e proprio choc.
Le sue opere, che avevano in sé i germogli del rinascimento, diventano un modello da seguire.
Ripercorriamo qui i luoghi della città veneta dove il genio toscano e i pittori che a lui si ispirarono hanno lasciato le loro testimonianze.

Marta Santacatterina

Furono probabilmente i frati della basilica di Sant’Antonio a chiamare Giotto a Padova, attorno al 1302, affidandogli il compito di affrescare alcune parti della chiesa e del convento. L’arrivo del maestro toscano segnò l’inizio di una stagione artistica straordinaria per la città veneta, tanto che otto edifici sacri e civili che conservano cicli pittorici trecenteschi hanno ottenuto il riconoscimento della World Heritage List dell’Unesco con la denominazione “Padova Urbs Picta”: sono infatti accomunati dall’unità di tecnica esecutiva, di datazione e di stile. Non solo: illustrano un significativo scambio di idee tra i protagonisti della scienza, della letteratura e delle arti, e testimoniano l’adesione alle novità introdotte da Giotto da parte dei pittori che vennero dopo di lui. 


Ripercorriamo in ordine cronologico le tappe principali della “città dipinta”, prendendo le mosse proprio dalla basilica dedicata al santo di Padova che qui morì nel 1231. Il corpo di Antonio fu sepolto in quella che oggi è la cappella della Madonna Mora e una recente attribuzione identifica la mano di Giotto nei profeti e negli angeli del tabernacolo. Altri suoi interventi, pur lacunosi, si trovano nella Sala del capitolo e nella Cappella delle benedizioni; quest’ultima stava sotto il giuspatronato della famiglia Scrovegni, e il dato ci conduce alla seconda, notissima, “stazione” dell’itinerario. Il 6 febbraio del 1300 il banchiere Enrico Scrovegni acquistò un terreno adiacente l’anfiteatro romano per costruirvi un palazzo e una cappella. Scelse come artista proprio Giotto, che nell’edificio sacro realizzò uno dei massimi capolavori dell’arte mondiale. Impossibile descrivere qui il programma iconografico e le innovazioni stilistiche degli affreschi della cappella degli Scrovegni, dipinta tra il 1303 e il 1305, tuttavia possiamo accennare che il pittore mise a punto un’autentica rivoluzione basata su un forte richiamo alla classicità, su un rigoroso impianto prospettico, su un intenso dialogo tra figure e paesaggi e sulla rappresentazione dello stato d’animo dei personaggi. 


Dopo cinque anni la “superstar” fu di nuovo convocata a Padova, questa volta dal Comune, per un’operazione ancora più estesa: affrescare l’enorme salone pensile del Palazzo della  ragione, vale a dire il luogo dove si amministrava la giustizia terrena. Il complesso programma messo a punto dal medico, filosofo, astrologo Pietro d’Abano prevedeva, come ricordano le cronache, un grandioso ciclo di astrologia giudiziaria capace di dimostrare l’influenza dei pianeti sulla vita e sulle contese degli uomini. Purtroppo i dipinti che oggi si ammirano sono frutto di un rifacimento: nel 1420 un incendio distrusse gli originali, i quali tuttavia vennero ripresi fedelmente, nell’iconografia e nello stile, da Niccolò Miretto e Stefano da Ferrara. Sotto la volta si snocciola un almanacco imponente: nei trecentotrentatre riquadri compaiono i “tipi” umani, i lavori dell’epoca, lo zodiaco, le allegorie dei mesi, i pianeti, gli apostoli, i santi e altre figure alternate agli animali simbolici dei diversi tribunali. Merita soffermarsi sul Processo a Pietro d’Abano, una raffigurazione “fotografica” e dettagliata di come si presentava l’interno di un tribunale nel Trecento.


GIOTTO MISE A PUNTO UN’AUTENTICA RIVOLUZIONE BASATA SU UN FORTE RICHIAMO ALLA CLASSICITÀ, SU UN RIGOROSO IMPIANTO PROSPETTICO


Giotto, Enrico Scrovegni dona alla Madonna il modello della cappella (1303-1305), particolare, cappella degli Scrovegni.


Giotto, Enrico Scrovegni dona alla Madonna il modello della cappella (1303-1305), particolare, cappella degli Scrovegni.