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DELLA VILLA (UN IMPERO)
RESTA SOLO IL MISTERO
Fabio Isman
In provincia di Lecco, c’è una villa che grida vendetta, ed è ammantata di misteri, chissà quanto reali. All’inizio, a Bindo di Cortenova, venticinque chilometri dal capoluogo e davanti al gruppo montagnoso delle Grigne, in Valsassina, era chiamata Casa rossa per il colore dell’arenaria con cui era stata edificata. La vuole, nel 1854, Felice De Vecchi (1816-1862), protagonista del Risorgimento: il conte, capitano della Guardia nazionale, partecipa alle Cinque giornate di Milano. È su tre piani, progettata dall’architetto eclettico Alessandro Sidoli, al tempo abbastanza famoso. E qui, siamo già alla prima tra le “stranezze” della villa: il costruttore muore infatti assai giovane, in circostanze, così almeno viene scritto, rimaste oscure; ma vi saranno ben altre sorprese. Gli interni dell’immobile, comunque, costituiscono un vero e proprio mondo, assomigliano quasi ai rimasugli di un impero.
Il conte, infatti, amava viaggiare. Per esempio, per un paio d’anni dal 1841, con l’amico ed esploratore monzese Gaetano Osculati, compie una spedizione in Oriente: il Danubio e il mar Nero, Istanbul e la Persia, fino all’India, tornando poi attraverso l’Egitto. E siccome De Vecchi era anche un pittore, documenta tutto con miriadi di disegni diversi: paesaggi, personaggi, costumi. L’anno dopo, percorre tutta l’Europa; quello successivo, nel viaggio di nozze, mezza Italia e tutta quella del Sud. Così, quando costruisce la villa, la riempie di ogni possibile arredo, acquistato in qualsiasi parte dell’orbe terracqueo. L’immobile possedeva centotrentamila metri quadrati di parco; era costato una vera fortuna, oltre quarantaquattromila lire. Al seminterrato, la cucina; due piani, per abitare più che confortevolmente; in cima, era previsto perfino un osservatorio astronomico, che però non è mai nato. Leggenda vuole che il conte, reduce da una passeggiata, abbia trovato la moglie assassinata e la figlia scomparsa; per questo, avrebbe abbandonato tutto. Ma non è vero: De Vecchi abita il luogo per la prima volta appena nel luglio 1852, ed era già vedovo da un anno.
Negli ultimi tempi, l’esploratore e artista pubblica parte dei libri di viaggio e ricordi, alcuni già manoscritti (che appariranno appena nel 2016)(*); ma muore a quarantasei anni, e i figli Giuseppe e Beatrice non possono offrire un futuro acconcio al luogo, che possedeva invidiabili decorazioni, e accanto al quale De Vecchi voleva anche un casino in stile arabo. La villa decade anche perché possedeva un ingegnoso metodo che assicurava il riscaldamento degli ambienti attraverso tubature nel muro: una però collassa all’inizio del Novecento, causando danni irreparabili e il crollo dell’ultimo piano. Gli eredi la abbandonano nel 1938. Da allora, passa più volte di mano, mentre il suo aspetto si avvicina progressivamente, sempre più, a quello di un rudere.
