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Dumas,
una mattatrice doc
Daniele Liberanome
Se l’arte figurativa sta vivendo sul mercato un periodo non proprio propizio, di certo la difficoltà non riguarda Marlene Dumas.
Grande artista ma anche mattatrice di mercato, Marlene Dumas (1953) non risente della generale caduta delle quotazioni dell’arte figurativa. Certo, l’aggiudicazione del suo top lot, The Visitor, risale al 2008 (1° luglio), ma non perché nel frattempo i suoi prezzi medi siano in calo: quel risultato eccezionale fu infatti dovuto alla presenza del quadro a una mostra di grande richiamo, The Painting of the Modern Life, aperta l’anno prima a Londra (Hayward Gallery) per poi approdare al Castello di Rivoli (Torino). The Visitor è un capolavoro, che recupera in modo originale la lezione di Degas (1834-1917) e delle sue giovani ballerine; ai corpetti in tulle e alle atmosfere sofisticate e luminose delle sale di prova, Dumas sostituì gli abiti succinti di ragazze in piedi, verosimilmente giovani prostitute, in attesa di un cliente.
Chi osserva l’opera ne diventa parte, si mette dal punto di vista delle ragazze, non le osserva di lato come se fosse davanti a un Degas, e si rende conto che per loro l’unica fonte possibile di riscatto è il cliente per cui si sono messe in posa. Per loro non c’è che disperazione e buio. Sotheby’s di Londra stimò l’opera 1-1,5 milioni di euro ma la vendette per oltre 4 milioni, una cifra ai tempi senza precedenti per un’artista donna.
Altre ragazze, però su sfondo colorato e in abiti sgargianti, campeggiano in Colorfields, un titolo che richiama il gruppo degli espressionisti astratti americani a cui apparteneva Rothko (1903-1970). Strano, visto che Rothko e gli altri erano astrattisti al contrario della Dumas, ma lei, come loro, utilizza macchie di colore per sottolineare similarità e differenze fra personalità. Qui lo sfondo è monocromo, così come lo è il mondo in cui vivono quelle ragazze, ma il colore di ciascun abito, più o meno brillante, racconta come ognuna abbia sue specifiche peculiarità. Dumas trasse l’ispirazione per questo come per altri quadri da una fotografia poi modificata e interpretata; in questo caso, non si ispirò né a Degas né a Rothko, ma piuttosto a Gerhard Richter (1932) nelle sue opere più giovanili.
Dumas, insomma, mantiene solide basi nell’arte che la precede, per poi spiccare dei voli legati al suo talento e alle esperienze nel suo paese, in Sud Africa. A un decennio di distanza dall’exploit di The Visitor, il 18 maggio 2017 Phillips di New York ha offerto Colorfields stimandola ben 2,2-3,1 milioni. Sarà perché l’opera risaliva a metà anni Novanta come molte altre, tra le più preziose dell’artista, ma è stata poi venduta per 3,7 milioni di euro.
Raro invece che quadri di anni precedenti ai Novanta abbiano tanto successo, con l’eccezione di The Yellow Fingers of the Artist, un dittico del 1985. Per certi versi, sembra di trovarsi di fronte a un’opera di inizio Novecento, un po’ per il colore blu che tutto pervade, un po’ per la posa dei personaggi, ambedue riconoscibili. L’artista con le dita gialle non è altro che René Daniëls (1950), ritenuto uno dei più importanti pittori olandesi della sua generazione, mentre l’altro è l’addetto di una galleria per cui Dumas ha a lungo lavorato. Ognuno ritratto su tele diverse che solo in un secondo momento sono state riunite; tuttavia le due opere appaiono perfettamente compatibili e quasi simmetriche per i colori usati e le posizioni assunte dai protagonisti a cominciare da quelle delle mani. Phillips di New York aveva stimato The Yellow Fingers of the Artist 1,9-2,4 milioni di euro, per poi venderlo il 16 novembre 2017 per oltre 3 milioni.
Ma anche più di recente, le quotazioni di Dumas non accennano a calare anche se i quadri degli anni Novanta scarseggiano e vengono proposti quelli di inizio nuovo secolo come Cathedral del 2001. La denuncia della subalternità femminile, tipica del periodo precedente, è ancora qui ben chiara, con la donna imprigionata e con l’unico apparente scopo di sedurre il pubblico. Il viso è appena tracciato perché irrilevante, mentre è la carne del corpo a essere posta in primo piano e dipinta in un bianco così luminoso da ricordare Tamara de Lempicka. Poi il titolo dice non poco sull’atteggiamento di Dumas non tanto verso la religione, visto che è una protestante credente che non di rado usa iconografie cristiane (come in Magdalena, venduta da Sotheby’s di New York il 16 novembre 2017 per 3 milioni di euro), quanto verso la struttura ecclesiastica che a volte critica. Cathedral è passata di mano l’11 febbraio 2020, come al solito da Sotheby’s di Londra, per 3,7 milioni di euro.
Di recente, ha ricevuto buona accoglienza anche The Believer del 2005, dal forte contenuto politico. Il giovane uomo ritratto è certamente un mediorientale, ma non pare proprio un religioso fanatico, come quelli che facevano da spauracchio dopo l’attacco alle Torri gemelle. Con il suo sguardo perso, privo di mordente, dà invece l’idea di non sapere come muoversi nella realtà conflittuale in cui vive. L’opera, che fa parte di una serie che Dumas realizzò in opposizione alla politica americana del tempo, è stata così tanto apprezzata che il 15 ottobre dello scorso anno, con gli Stati Uniti decisamente meno interventisti nel mondo, Phillips di Londra l’ha offerta per 1,8-2,5 milioni di euro e venduta per 1,9 milioni. Il mercato di Marlene Dumas continua a riservare soddisfazioni.

