INTRODUZIONE

La presenza di smisurati complessi monumentali come quelli di Su Nuraxi a Barumini (Cagliari) o di Santu Antine di Torralba (Sassari) fa sì che i nuraghi, nell’immaginario collettivo, rappresentino la realtà più importante nella Sardegna antica. E anche l’enorme numero di esempi a noi noti, fra i settemila e gli ottomila, ci induce a dedicare alla civiltà nuragica questo dossier. Ma essere la realtà più importante non significa essere l’unica. E neppure si tratta, ovviamente, di una civiltà che nasce dal nulla, né finisce con un taglio netto. Le rovine e i materiali a noi noti si inquadrano nell’Età del bronzo (a partire dal XV secolo a.C.) spaziando anche oltre e passando dalla preistoria alla storia (fino al VII secolo, ma anche con attardamenti che giungono all’età romana): nell’isola però sono sempre più note, grazie a ricerche che hanno subìto un forte incremento soprattutto in questi ultimi decenni, testimonianze che risalgono fino al Paleolitico inferiore (quando Sardegna e Corsica erano unite fra loro, e fronteggiavano l’arcipelago toscano ancora compattato in penisola) e, in maggior misura, in quello medio e nel superiore, per poi divenire ben più notevoli e abbondanti nel Neolitico. Vita intensa, dunque, prima dei nuraghi: e sarà intensa anche dopo, con la presenza fenicio-punica e con quella romana. La «Sardinia et Corsica» sarà, in ordine di tempo, la seconda delle province dell’impero dell’Urbe, dopo la Sicilia.


La testimonanza scritta più antica della parola “sardi”, anzi “šrdn”, è appunto in una stele fenicia di Nora risalente al IX-VIII secolo a.C., ma certamente l’uso è molto più antico: non si sa di quanto, ma si pensa comunque a un’origine pre-indouropea. Ancor più antica, e di molto, è comunque la presenza umana nell’isola.


Un particolare ringraziamento a Laura Pau per il suo prezioso aiuto nella realizzazione di questo dossier.