STORIA DELL’ARTE E STORIA CIVILE.
IL NOVECENTO IN ITALIA
Malgrado le “distrazioni” della critica, esiste una vitale relazione fra arte contemporanea e sacralità. Ce lo spiega Michele Dantini con insolite
prospettive. Una delle domande cruciali che si pone in questo suo nuovo libro è se sia lecito ribadire, al di là delle apparenze, l’idea di un’arte
del Novecento divenuta nei decenni sempre più autonoma dal tema religioso. È ancora giusto considerare che attraverso modernismo, astrazione, arte
concettuale e altro, l’arte contemporanea sia sempre stata a favore di ciò che chiamiamo “secolarizzazione”? Con indagini rigorose e acute verifiche
sugli assunti critici tradizionali, Dantini fa riemergere voci inedite e posizioni contrarie, inattese filiazioni e adesioni (talvolta controverse)
alla cultura figurativa classico-cristiana. In altre parole, cerca di spiegarci perché «conforto, incoraggiamento, slancio e consolazione, pietà e
gloria» sembrino esclusi (ma in realtà non lo sono) dall’arte contemporanea. La sua indagine è focalizzata sullo scenario italiano, con il de Chirico
e il Mario Broglio di “Valori plastici”, con il Berenson e l’Umberto Morra del “Baretti”. E ancora, con Edoardo Persico e Carlo Levi, Ernesto de
Martino, Moravia e Pasolini. E con la Carla Lonzi del libro-intervista Autoritratto, dove la brillante studiosa discute con Lucio Fontana del futuro
dell’arte sacra e intavola, con Pino Pascali, Giulio Paolini e Fabro, un dialogo a distanza con la tradizione italiana della “grazia”. C’è infine
Alberto Burri, cui è dedicato un cameo intenso e insospettabile. Artisti, critici, studiosi, ci appaiono così per un loro coinvolgimento non banale
con la tradizione figurativa occidentale, tanto da aver ristabilito una relazione tra arte e sacro e rigenerato l’eredità cristiana su piani
artistici, liturgici, iconografici. Vengono dunque a ristabilirsi incontestabili linee di continuità tra l’antico e il contemporaneo: esigenze
religiose e spirituali che modellano in profondità ricerche figurative finora non indagate nei presupposti più reconditi; in altre parole, esigenze
che si ripresentano in frangenti storici cruciali e in periodi di transizione. L’arte assume un’esistenza misteriosamente sovratemporale, ci dice
Dantini, e tutti i giochi restano da fare.