Parlare di Ennio non è facile, perché quando si parla di lui la retorica e le iperboli sono in agguato, e non gli si farebbe un buon servizio.
E allora partiamo da una considerazione opposta: la musica al cinema non è indispensabile, se ne può fare a meno come si può fare a meno di attori, scenografie e perfino di una vera e propria sceneggiatura. Era l’idea, per esempio, di un immenso regista come Robert Bresson (1907-1999) che in Note sul cinematografo scrisse: «Nessuna musica aggiunta se non quella prodotta all’interno dell’inquadratura». E così fece in alcuni capolavori da una certa data in poi. Ennio Morricone non solleverebbe obiezioni, solo aggiungerebbe, come fa nel bellissimo film Ennio, diretto da un ispirato Giuseppe Tornatore: «Ma se si vuole avere una musica, allora quella musica deve essere libera». Inoltre, come afferma ancora Morricone: «C’è sempre una musica giusta per una determinata sequenza anche se ogni compositore può averne una diversa». Quando in Ennio si vede la sequenza iniziale in Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970, di Elio Petri), si capisce ciò che intende. Alla musica di circostanza, melodrammatica, che regista e produttore consideravano perfetta il subentrante Morricone sostituisce un arrangiamento dotato di una tensione molto più velenosa perché più sotterranea. E il cinema serve qui a capire il cinema: un merito accessorio ma non necessariamente il minore tra i tanti di un film iniziato nel 2015 e uscito in sala a febbraio 2022 e in dvd pochi mesi dopo. Un altro merito è quello di passare in rassegna molte delle scene madri di Petri, Leone, Bertolucci, Bellocchio, Tarantino, Joffé, dello stesso Tornatore, attraverso lo sguardo e la testimonianza, ora fiera, ora stupita, ora piena di ammirazione dei registi.
Il rivelarsi di senso di una scena proprio nel farsi della musica che lo dovrebbe “accompagnare” è assai evidente in Sergio Leone, forse il regista con cui si creò una simbiosi più duratura e proficua e con cui si arriva al ribaltamento: Leone “compone” una sequenza dopo la musica creata da Morricone. Anche la deviazione dai suoi canoni, proposta per C’era una volta in America, per il tema (musicale) di Deborah, uno dei personaggi principali del film, sarà assai significativa della capacità innovativa del compositore: al regista, che voleva ancora rumori e suoni sul modello dei western, Morricone propone qualcosa di completamente diverso per un film tra i più “proustiani”. Due ore e quarantasette servono tutte a descrivere una parabola unica, irripetibile nella musica, nella musica per il cinema, nel cinema tout court. Dopo di lui, come testimonia più di un compositore intervistato, nessuno può prescindere da Morricone nel comporre musica per il grande schermo. Un orecchio assoluto per il cinema.