Una vita, tante vite. Uno sguardo attraversato da tanti sguardi. Una vocazione coltivata con cura, dedizione per circa ottant’anni. Un percorso lungo dove la gioia del momento e l’esperienza di sentirsi in comunione “emotiva” con il soggetto ritratto hanno permesso a Sabine Weiss di rinnovare in ogni attimo la sua capacità espressiva, la sua ferma intenzione di entrare in contatto con il mondo usando la fotografia, da lei vissuta anche in modo molto pragmatico come mezzo di sostentamento. Una professione a tutti gli effetti, un mestiere scelto all’età di diciotto anni che ha rappresentato inoltre la sua più profonda passione.
Sabine Weber (questo il suo cognome da ragazza) nasce a Saint-Gingolph (Svizzera) nel 1924. Si forma, come fotografa, presso lo studio Boissonnas di Ginevra. Lì per tre anni (dal 1942 al 1945) impara le tecniche e tutto ciò che serve per scendere in campo con il suo obiettivo. Rimanendo nel suo paese? No, partendo per scoprire nuovi luoghi e nuove culture. Va a Parigi: attraente, brulicante di stimoli, dove la conoscenza del fotografo di moda tedesco Willy Maywald le consente di frequentare artisti come Braque, Chagall, Utrillo, Cocteau, Vivien Leigh e stilisti del calibro di Dior. E dove incontra nel 1949 il pittore americano Hugh Weiss (1925-2007), con il quale Sabine si sposa l’anno successivo prendendo il suo cognome. Con lui si trasferisce in un atelier adatto a ospitare le attività di entrambi e, negli anni, a diventare altresì dimora famigliare.BlowUp
Weiss
di Giovanna Ferri