Grandi mostre. 1 
LOUISE NEVELSON A VENEZIA

DARE ORDINE
ALLE COSE PERSE

Ha dato nuova vita agli scarti. Ha dipinto, assemblato, disegnato ma soprattutto scolpito. Ora, un nucleo significativo delle opere monumentali create da Nevelson è visibile in un progetto espositivo collaterale della Biennale di Venezia, a cui l’artista partecipò sessant’anni fa.

Lauretta Colonnelli

Parlando della sua infanzia nel Maine, Louise Nevelson raccontava che era cresciuta in campagna e da piccola si sentiva sopraffatta da tutti quegli alberi nella foresta: erano troppi. Solo dopo essere stata a New York e aver studiato pittura, poté tornare in quei luoghi e sentirsi libera: «Avevo imparato a conoscere la luce e l’ombra e il movimento, in altri termini le cose che andavano in primo piano e le cose che stavano sullo sfondo, e non mi sentivo più sopraffatta, perché possedevo un ordine. E quell’ordine mi sostiene da allora. Per dipingere le mie sculture monocrome, ho stanze diverse per colori diversi. Ho uno studio nero, uno studio bianco, uno studio dorato, di modo che la mia mente non si confonda. E quando vado nello studio nero non è che assemblo i pezzi e poi li dipingo, niente affatto. Prima li dipingo e poi li uso, in modo da non confondermi, perché se li usassi allo stato grezzo e poi li dipingessi, avrebbero dimensioni diverse e superfici diverse». Agli altri artisti, che le chiedevano come mai sprecasse tutto quel tempo a immergere nella tinta pezzi di legno come se fossero stoffe, e non li assemblasse prima, rispondeva: «Be’, non funziona così, se voglio ottenere questo risultato».