Il gusto dell'arte 


Ritratto di salume
in un interno

di Ludovica Sebregondi

ALLA RICERCA DI PREPARAZIONI ALIMENTARI E PRODOTTI CHE TROVANO NELL’ARTE PUNTUALI RIFERIMENTI, AL DI LÀ DI EPOCHE, LUOGHI E TRADIZIONI: IL PROSCIUTTO

Narra una leggenda spagnola di un maiale annegato in un corso d’acqua salata dove rimase a lungo fino a che fu recuperato e asciugato; vennero quindi staccati gli arti posteriori che – essiccati all’aria – mostrarono la bontà della polpa così trattata, e insieme la possibilità di conservarla a lungo.

Questa narrazione di tono agreste riconduce alle origini di una forma precocissima di lavorazione della carne, soprattutto suina: parlano dell’antichità del prodotto (definito «perna») le menzioni in numerosi testi latini da Marziale a Petronio, da Apicio a Varrone. Le differenti denominazioni nelle varie lingue (“Schinken” in tedesco, “jambon” in francese, “ham” in inglese, “jamón” in spagnolo, per limitarsi ad alcune) stanno a dimostrare la sua diffusione in tutta Europa. La produzione non cessò mai, e lo attestano le testimonianze rinascimentali, come quelle di Bartolomeo Sacchi detto il Platina nel quattrocentesco De honesta voluptate et valetudine, o di Vincenzo Cervio, che nel trattato Il trinciante indulge sulla ritualità del momento in cui il prosciutto viene affettato.

Molti artisti sono stati attratti dalla forma e dai colori del prosciutto intero, con il contrasto tra la cotenna più scura e spessa, l’osso di diversa consistenza, il bianco del grasso, il rosso scuro della polpa. Un invito accolto di frequente dai pittori nelle nature morte secentesche, in cui le plastiche sagome dei salumi, colpite da raggi di luce, emergono dal fondo scuro, e recepito poi da Manet, che ne ha fatto più volte il soggetto delle proprie tele.