«FAMMI PITTORE
E TE NE SARÒ GRATO»

Constable non si interessò mai alle “regole” del suo mestiere.

Né elaborò formule capaci di rendere riconoscibile la sua pittura alla prima occhiata.
Come dire che non si occupò di strategie che avrebbero potuto attribuirgli una precisa collocazione o quotazione professionale.
Gli bastava disporsi in assoluta frontalità rispetto al paesaggio che di volta in volta si trovava a tradurre in immagini. Il suo “criterio” poetico rimandava insomma all’idea tutta illuministica di una natura che deve essere rispettata in quanto manifestazione sensibile della “verità”: fosse la chiusa dello Stour lungo il quale il padre aveva installato i mulini di Flatford e di East Bergholt, la brughiera di Hampstead Heath, o la vallata di Dedham nell’Essex.
«Fammi pittore, e te ne sarò grato», chiedeva guardandosi intorno. Una preghiera che era anche una promessa ignara di mediazioni intellettuali e culturali. Di qui quella resa antidrammatica e antiscenografica del suo paesaggio, come non se ne erano ancora riscontrate in pittura, e non solo in Inghilterra. E un paesaggio che non rappresentava altro da sé poteva, se non provocare, almeno insospettire i vertici della Royal Academy. Sta anche qui la ragione dell’affermarsi tardivo della pittura di Constable tra i suoi contemporanei. Pittura che peraltro non si faceva un complesso di assecondare necessità estetiche “borghesi”, né di far trapelare un certo “Johnbullism” (termine idiomatico che sta pressappoco per fierezza patriottica) che è quanto riferisce ancora il suo biografo Leslie(3).



Vista sullo Stour vicino a Dedham (1822), particolare; Los Angeles, Huntington Library.