XXI secolo 1
Kader Attia
e la Biennale di Berlino

IL LAVORO (IM)POSSIBILE
DELLA RIPARAZIONE

L’edizione 2022 della Biennale di Berlino, diretta da Kader Attia, ha l’ambizioso proposito di tentare una sintesi del dibattito in corso sulla decolonizzazione, fra strategie e pratiche di riparazione.

Jonas Tinius

«Perché fare un’altra mostra?», si chiede l’artista e direttore artistico della dodicesima edizione della Biennale di Berlino, Kader Attia, all’apertura della conferenza stampa il 9 luglio 2022. Secondo Attia, artista franco-algerino che vive a Berlino da diversi anni, l’arte serve come una bussola in un mondo con troppi punti ciechi. Se scegliamo di fare un’altra mostra, allora è fondamentale che funzioni come una bussola, per rendere visibile una mappa del mondo che abbiamo ereditato dal passato. Invece di mettere in questione un modo frenetico e capitalistico della produzione che ha sempre a che fare con una certa attitudine a estrarre e “colonizzare”, Attia cerca piuttosto di analizzare la governamentalità, le pratiche attraverso cui i soggetti sono stati governati e consumati nel nome del progresso liberale. Still, present (“Ancora, presente”, ma traducibile anche con “Fermo immagine, presente”), il motto della Biennale berlinese, sottolinea la necessità di continuare e persistere in una riflessione sul difficile passato della modernità europea.
Attraverso quattro assi portanti (la decolonizzazione dell’ecologia, del femminismo, del patrimonio culturale, del fascismo/colonialismo), Attia e le curatrici da lui invitate - Ana Texeira Pinto, Đỗ Tường Linh, Marie Helene Pereira e Noam Segal - cercano di evidenziare l’invisibilizzazione di alcuni dei processi più violenti della modernità occidentale. Ci sono ferite gravi, traumi che persistono nel presente, soprattutto per le popolazioni minoritarie e postcoloniali. Il fatto che ci siano ancora problemi irrisolti non è un incidente; queste cicatrici non possono essere guarite perché non le vediamo, non le trattiamo: confrontarsi con il processo di cicatrizzazione significa rendersi conto della responsabilità dell’Occidente nell’universalizzazione brutale delle ideologie di libertà, uguaglianza e fraternità.
L’installazione di Nil Yalter, per esempio, apre la mostra nella sede principale del Kunstwerke (KW) - dove la Biennale di Berlino è stata fondata quasi venticinque anni fa - con narrazioni “minori” di donne turche e portoghesi rese invisibili da una «maggioranza metropolitana» (Nikita Dhawan) e dalla democrazia rappresentativa.


João Polido, Replica Song (2022), Berlino, Kunstwerke (KW).


Prabhakar Kamble, Broken Foot (2020), Akademie der Künste.


Ngô Thành Bắc, performance (2007-2022), Berlino, ex archivio-quartier generale della Stasi.