Grandi mostre. 2
Il settecento veneto a Trento

Un caleidoscopio
cromatico

Un'ampia tavolozza di colori caratterizza le opere realizzate da pittori veneti quali Pittoni, Fontebasso, guardi nelle valli trentine tra la metà del seicento e il settecento quando, come ben illustra il progetto espositivo in corso al Castello del Buonconsiglio, tra le due regioni correvano intensi scambi artistici.

Marta Santa Catterina

Quali sono i colori della Serenissima? Sono quelli preziosi ma spesso pieni di contrasti chiaroscurali del Seicento, quelli tenui e delicati di Giovanni Battista Pittoni, quelli brillanti e svirgolati di Francesco Fontebasso, ma anche gli accumuli di materia guizzante di Antonio Guardi. Una tavolozza ricca, con cui gli artisti veneti dipinsero lo scenario di Trento e delle sue vallate tra la metà del Seicento e tutto il Settecento. Nel Magno palazzo del Castello del buonconsiglio è in corso I colori della Serenissima. Pittura veneta del Settecento in Trentino (fino al 23 ottobre) e l’obiettivo della mostra è mettere a fuoco i considerevoli scambi artistici tra il Trentino e il Veneto, in particolare Venezia e Verona. Uno degli aspetti più sorprendenti che emerge dall’intenso lavoro di ricerca propedeutico all’allestimento è, come spiegano i due curatori Denis Ton e Alessandro Tomezzoli, «il fatto che committenti di diversa estrazione sociale (mercanti, comunità locali, così come patrizi e committenza vescovile) ricercassero e coinvolgessero i medesimi artisti, dimostrando di essere aggiornati e di aver sviluppato un gusto moderno».
Il percorso si apre quindi con gli “antefatti” della stagione settecentesca: dalla metà del XVII secolo, spiega Denis Ton, numerosi artisti veneti furono chiamati da committenti trentini espatriati a Venezia per realizzare dipinti destinati alle chiese del principato vescovile, come la pala di Bernardo Strozzi per un altare a Tiarno di Sopra, o quella di Johann Carl Loth per la località di Storo. Opere, peraltro, nient’affatto mediocri o antiquate, seppur realizzate per luoghi di provincia; del resto proprio Loth, esponente della linea cosiddetta “tenebrosa” godeva allora di un’altissima considerazione. Parallelamente alla profonda relazione con la Serenissima, prosegue in quei decenni il secolare e assai solido rapporto con Verona: le ragioni vanno ovviamente cercate nella vicinanza territoriale e negli scambi commerciali, nonché culturali e artistici, che avvenivano tramite la via dell’Adige.
Una sezione dedicata ai dipinti allegorici, sempre secenteschi, lascia intravedere le preferenze del collezionismo privato trentino: se Il ratto di Europa di Padovanino fa subito pensare a Tiziano, La ricchezza della terra di Antonio Balestra è una composizione originalissima e decisamente divertente.


Antonio Balestra, Le ricchezze della terra (1698), Bolzano, Palazzo mercantile.