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SETTEMBRE 2022

RAINER MARIA RILKE LE ROSE

Si coltivavano rose fra il Tigri e l’Eufrate, in Egitto, a Micene e a Rodi (da “ῥοδον”, rosa). Rose sono dipinte nella villa romana di Livia e in quella pompeiana di Boscoreale. Virgilio, Marziale, Plinio esaltano la rosa damascena per far profumi e olii. «Rosai bianchi e vermigli» ingentiliscono il giardino trecentesco del Decameron, e verso il 1480 si bea della fragranza di una rosa il temibile sultano Mehmet II in una miniatura turca conservata a Istanbul (Topkapi Palace Museum). Roseti, ceste e vasi colmi di rose dipinsero artisti di tutte le epoche, da Giotto a Botticelli fino ai pittori di natura morta. E un rinnovato interesse, se mai si fosse sopito, suscitò Pierre-Joseph Redouté nel 1824 con le sue centosessantanove rose dipinte dal vero, con impeccabile mimesi (Les Roses, ed. it. Le Rose, Elliot, Roma 2021, 224 pp., € 50). Ma poi, per Gertrude Stein «una rosa, è una rosa, è una rosa» (Sacred Emily, Boston 1913) tanto che Umberto Eco, analizzando la frase, vede la rosa come figura simbolica «così densa di significati da non averne quasi più nessuno» (La struttura assente, Milano 1968). Ed eccoci finalmente agli arcani significati della rosa nei versi struggenti di Rainer Maria Rilke, composti in francese nel 1924 a Ouchy-Lausanne, ai margini del lago di Ginevra, due anni prima di morire, oggi nell’eccellente traduzione italiana di Mario Ajazzi Mancini, che cura anche l’erudita prefazione.
Nelle “rose” incantevoli e fugaci cantate da Rilke sembra di udire il richiamo a Orfeo, che è molto se sopravvive di due giorni «al calice di rose», come sottolinea Ajazzi Mancini, autore e psicanalista, facendo riferimento a uno dei magici Sonetti a Orfeo di Rilke , da lui stesso tradotti in precedenza (Roma 2007), che ci riconducono all’ineluttabile caducità della vita. La rosa ne è uno dei simboli più poetici. Uno stupendo cespuglio di rose stava al centro del “berceau” nel castello di Duino (Trieste), dove Rilke aveva iniziato nel 1912 le Elegie duinesi, ospite della illuminata principessa Maria von Thurn und Taxis. E un fitto rosaio, lo racconta ancora la principessa nelle sue memorie, era nello château de Muzot nel Vallese, dove Rilke trascorse gli ultimi anni e dove scrisse in tedesco il criptico epitaffio per la propria tomba, nel non distante cimitero di Raron, dove riposa: «Rosa pura contraddizione. Piacere di essere il sogno di nessuno sotto infinite palpebre». Mi piace pensare fosse una rosa centifolia, «tanto ricca da diventare cento volte te stessa in un fiore solo».


Cura e traduzione di Mario Ajazzi
Mancini
Press & Archeos, Firenze 2021
80 pp., € 12