Grandi mostre. 3
Il Futurismo a Padova

Gli anni di una
profonda rivoluzione

A Palazzo >abarella un’ampia rassegna sul Futurismo, qui presentata da uno dei curatori, ne mette in luce le radici simboliste e divisioniste, i presupposti culturali, figurativi e le diverse anime: dal 1910, anno della sua nascita in pittura, al 1915 con la pubblicazione del manifesto della ricostruzione futurista dell’universo e l’entrata in guerra del nostro paese.

Fernando Mazzocca

La mostra, con oltre cento opere, si sviluppa in un arco cronologico che va dal 1910, anno di fondazione del futurismo in pittura, al 1915, quando la pubblicazione del Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo e l’ingresso in guerra dell’Italia tracciarono un netto spartiacque nelle vicende artistiche del movimento.

 
In un periodo in cui il dibattito occidentale era caratterizzato da profonde riflessioni sulla concezione fenomenica dell’arte che si riteneva ormai superata, il futurismo fu il primo movimento a concepire in modo organico un’arte astratta in grado di affrontare, affidandosi a un rivoluzionario principio di sintesi dinamica, le rappresentazioni della città, come la Milano di Boccioni (La città che sale, 1910-1911, New York, MoMA), qui presente con un capolavoro assoluto come Meriggio. Officine a Porta romana. Le prime due ampie sezioni della mostra sono dedicate proprio alle radici simboliste del movimento futurista e ai legami molto forti, nei primi anni del suo sviluppo, con la pittura divisionista. Qui troviamo, insieme a capolavori dei futuristi, opere altrettanto significative di Giovanni Segantini, Gaetano Previati, Emilio Longoni, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Plinio Nomellini, Galileo Chini, Romolo Romani e una straordinaria cera di Medardo Rosso. I fondatori del movimento futurista, dal calabrese Umberto Boccioni al romano Giacomo Balla, dal milanese Gino Severini al piemontese Carlo Carrà, a Luigi Russolo, a Mario Sironi, hanno avuto in comune una formazione divisionista.