Grandi mostre. 4
Munch a Parigi

Anatomia dell’anima

Ha impresso sulla tela le sue angosce, rendendo le sue opere specchio della sua vita: sì tormentata ma anche attraversata da qualche raggio di sole. al Musée d’Orsay, l’ampia retrospettiva dedicata all’artista norvegese fa luce su tutti gli aspetti della sua poetica.

Valeria caldelli

«Non si possono più dipingere interni con uomini che leggono e donne che lavorano a maglia. Si dipingeranno esseri viventi che vivono, respirano e sentono, che soffrono e amano. Sento che lo farò, che sarà facile». Era il 1889. Il giovane Munch è a Parigi, dove si apre l’Exposition universelle e dove si sta ultimando la costruzione della Tour Eiffel. Una nuova epoca è agli albori. La nascita dell’industria, lo sviluppo della tecnica, la crescita e il ritmo delle città pongono repentinamente l’uomo in una prospettiva diversa rispetto al passato, costringendolo tra il sogno borghese di una vita agiata, il proletariato dei bassifondi cittadini e la ribellione di minoranze “bohémien” più o meno intellettuali. Edvard Munch, che a quelle minoranze apparteneva, aveva già suscitato polemiche esponendo a Kristiania – l’attuale Oslo – i suoi primi dipinti. Pochi anni più tardi, nel 1892, a Berlino si consumerà un vero e proprio scandalo, tanto che l’esposizione dedicata all’artista norvegese fu costretta a chiudere i battenti appena una settimana dopo l’apertura. «Questi quadri non sono che sgorbi pasticciati», fu l’accusa, «e niente hanno a che fare con l’arte».


In effetti Munch, affidando le sue confessioni al pennello, per la prima volta dava un volto alla psicologia dell’uomo moderno e pur utilizzando alcuni temi e motivi classici dell’Ottocento, spingeva oltre la sua riflessione. «Io non dipingo ciò che vedo, ma ciò che ho visto», diceva. Perché la sua aspirazione non era, appunto, copiare la natura, bensì trasformare un’esperienza sensoriale attraverso la percezione interiore. Siamo all’alba del 1900, anno di nascita della psicoanalisi, quando la scoperta dell’inconscio mette a nudo le ansie e le incertezze dell’individuo. Munch, insieme a Kafka, Ibsen e molti altri scrittori, poeti e artisti di fine Ottocento interpreta angosce e nevrosi dei suoi tempi, all’inizio criticato dai suoi contemporanei e poi invece celebrato come il precursore dell’espressionismo. È quell’Urlo, dipinto per la prima volta nel 1893 e poi replicato negli anni successivi, a diventare un’icona internazionale.