Grandi mostre. 1 
L’ARTE INQUIETA A REGGIO EMILIA

UNA, NESSUNA,
CENTOMILA IDENTITÀ

L’essenza della natura umana con le sue contraddizioni, le sue trasformazioni, le sue distorsioni, le sue follie, le sue incertezze, i suoi aspetti irregolari e straordinari è il tema della mostra a palazzo magnani – qui descritta da uno dei curatori – che chiama in causa gli esponenti dell’Art Brut, i maestri delle avanguardie del secolo scorso per arrivare fino all’età contemporanea.

Giorgio Bedoni

Racconta Guido Piovene di una città, Reggio Emilia, dove sotto la superficie si nascondono una densità umana e una capacità d’estro che oltrepassano di gran lunga la poesia facile di altre città più celebri. Pagine da un ormai storico Viaggio in Italia, che attraversava negli anni Cinquanta un paese rinato dalle ceneri della guerra, e parole che accompagnano le intuizioni di un progetto espositivo nato dal dialogo tra esperienze artistiche inusuali e quelle poetiche che nel corso del Novecento e dell’età contemporanea hanno esplorato il tema, più che mai attuale, dell’identità.


RITRATTI PERTURBANTI, FORME ESPRESSIVE IPNOTICHE E SERIALI, PAESAGGI INTERIORI E CROMATISMI ACCESI


L’arte inquieta. L’urgenza della creazione, a cura di Giorgio Bedoni, Johann Feilacher e Claudio Spadoni, nasce in questi scenari: Reggio Emilia e la sua fertile geografia artistica, dominata dai perturbanti ritratti di Antonio Ligabue nell’incontro con Cesare Zavattini, a far da sfondo al dialogo tra gli outsiders dell’arte e i grandi autori che hanno percorso sentieri non battuti, oggi fondativi della nostra modernità. Maestri contemporanei come Anselm Kiefer, viaggiatore introspettivo nello spazio esteso della materia, Alberto Giacometti, ad aprire la mostra con la Grande donna in piedi, seducente e totemica guardiana dell’identità che attraversa il tempo. E prima ancora maestri storici, Paul Klee e Max Ernst, pionieri sulle frontiere mobili dell’immaginario, che già agli esordi del Novecento avevano compreso le novità di opere provenienti da mondi esclusi, gli ospedali psichiatrici, anticipando le future ricerche di Jean Dubuffet sulle tracce dell’Art Brut.