Grandi mostre. 4
MERAVIGLIA SENZA TEMPO A ROMA

BELLEZZE
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Una mostra alla galleria borghese racconta l’uso di pitturare su pietra tra il terzo decennio del cinquecento e il secondo del seicento quando, con il sacco di Roma nel 1527, molti dipinti subirono danni irreparabili. ma la pietra, a differenza della tela, era davvero indistruttibile?

Lauretta Colonnelli

La più affascinante e misteriosa è la pietra paesina. Il suo nome deriva dai disegni, creati da inclusioni minerali, ossidi e fratture che simulano curiosi paesaggi: fronde d’alberi e boschi, rupi e castelli, montagne e vallate, insenature marine e distese desertiche, cieli velati e città diroccate. Fra il terzo decennio del Cinquecento e il secondo del Seicento, i pittori sfruttarono, completandoli col pennello, questi disegni fatti dalla natura. Certe volte bastava inserire delle figure umane nelle venature colorate della pietra per creare scene epiche, come quelle dipinte da Antonio Tempesta nella Presa di Gerusalemme e nel Passaggio del Mar Rosso. Nella prima, l’esercito a cavallo entra nella città disegnata dalle inclusioni color ocra, che delineano case e torri, mentre le venature rossastre sopra la città simulano il cielo in cui si riflette l’incendio appiccato dagli assalitori. Nella seconda, l’artista si limita a dipingere gli ebrei in salvo sulla riva e gli inseguitori egiziani in mezzo al mare. L’irruenza delle onde, che già li sommergono, è lasciata al disegno naturale della pietra. Sembrano scene immense, ma a vederle dal vero misurano appena 24 x 37 centimetri la prima, 15 x 33 la seconda.


Si possono ammirare alla Galleria Borghese di Roma, nella mostra Meraviglia senza tempo. Pittura su pietra a Roma nel Seicento, voluta dalla direttrice Francesca Cappelletti che la cura insieme a Patrizia Cavazzini. Merito dell’esposizione è di aver proposto una sessantina di dipinti provenienti da collezioni italiane e straniere che stupiscono sia per il supporto, in pietre di vari tipi, sia per la tecnica di esecuzione. E di aver offerto al pubblico l’opportunità di conoscere opere che da tempo erano chiuse nei depositi del museo.