LORRAIN INCISORE

Lorrain fu un grande disegnatore come dimostrano le centinaia di disegni rimasti, studi dal vero in apparenza spontanei, ma elaborati secondo una vasta gamma di modulazioni. Ma fu anche un originale e raffinato incisore, uno dei maggiori del Seicento, come testimonia il corpus di perlomeno cinquanta acqueforti superstiti. Si accosta all’incisione, allora in grande espansione, incoraggiato forse dall’amico Sandrart e dalle molte stamperie attive nel quartiere romano dove abitava. Si rivela subito un brillante e innovativo “peintre-graveur”, disegnando direttamente sulla lastra con segni vigorosi e contrapposizione di masse di luce e ombra (Il mandriano e la pastorella, 1630 circa). 

Poi modifica il suo metodo, facendo precedere le incisioni da disegni particolareggiati, come per i dipinti, che trasferisce con una punta sulla lastra. Il risultato, brillante, è La tempesta del 1630, la prima incisione firmata e datata. I disegni preparatori sono composizioni autonome, con sofisticati studi di luce, pur concepiti in uno spazio ristretto. I trattamenti molto elaborati, i soggetti ripresi dal vero e rilavorati nello studio: paesaggi con grandi alberi, capre, scene di brigantaggio, danze paesane, tempeste di mare, episodi biblici, vedute e dintorni di Roma, Il Campo vaccino del 1636, eseguito anche in pittura. 

Nel 1637 La danza del villaggio, che ripete in controparte il Paesaggio con danza di contadini degli Uffizi, è un’incisione tecnicamente innovativa con la corrosione del fondo per ottenere nuove tonalità di grigi. Gli studiosi hanno cercato di capire quale metodo Lorrain avesse usato per creare il grigio del cielo e del fondo, senza riuscire a darsi una risposta precisa. La ricerca tenace di Claude era quella di un artista perfezionista, che voleva rendere l’immagine proprio come la vedeva interiormente. Soprattutto gli interessava la resa della luce e del sole. La sua attività incisoria continua sino al 1662- 1663 con lunghe interruzioni. Le ultime incisioni sono Mercurio e Argo del 1662 e Il capraio del 1663. Della prima, ispirata all’omonimo soggetto dipinto per Michel Passard e disegnato nel Liber Veritatis, rimane oggi un bellissimo disegno nella collezione Pallavicini di Roma. Ispirata alle Metamorfosi di Ovidio, racconta la favola di Giove e la trasformazione di Io in giumenta con una sofisticatissima gamma di grigi luminosi. Il capraio, l’ultima acquaforte prima di una grave malattia e l’abbandono della tecnica incisoria, è un’immagine serena e solare con il pastore che si riposa con il suo gregge. L’inventario dello studio di Claude, compilato due giorni dopo la morte, elenca oltre a dipinti e disegni: «una casetta alta un palmo e larga due palmi e lunga quattro palmi piena di stampe […] dieci rami da intagliarsi grandi un palmo, quattordici rami da intagliarsi piccoli, e diciassette rami da intagliarsi piccoli […] un torchio da stampare». La grafica di Lorrain fu apprezzata soprattutto dal Settecento in poi da critici e collezionisti francesi, inglesi e tedeschi. Il primo catalogo ragionato dell’opera grafica di Lorrain fu quello di Robert- Dusmenil del 1835. Ne seguirono altri. Nel 1884, in una monografia sul pittore, Mrs. Mark Pattison scrisse: «Le acqueforti di Claude posseggono tutte le caratteristiche dei suoi dipinti. Sono piene d’aria e di luce». Nel 1923 a Parigi André Blum pubblicò un nuovo catalogo ragionato delle acqueforti, il testo più aggiornato sino alla grande mostra del 1982 alla National Gallery di Washington, in occasione del tricentenario della morte dell’artista. Nel 1988 Lino Mannocci cura e pubblica il Catalogue Raisonné of the Graphic Work of Claude Lorrain (Yale University Press). La maggiore raccolta di incisioni di Lorrain è conservata al British Museum di Londra.


La tempesta (1630); firmata e datata: «CLAUD. IELLE I.V. F. Romae 1630».


Le capre (1630-1633 circa).