Grandi mostre. 2
FREUD A LONDRA

QUEL SENSO DI TRAGICITÀ
A FIOR DI PELLE

Spiazzanti, irritanti, o forse attraenti e sorprendenti appaiono le immagini di Lucian Freud, indagatore dell’essere umano, della sua corporeità e drammaticità, del suo carattere e interiorità. Un rivoluzionario della pittura figurativa che non ha dimenticato, però, l’intramontabile lezione degli antichi maestri.

Valeria Caldelli

«Cosa chiedo a un dipinto? Chiedo di stupirmi, infastidirmi, sedurmi, convincermi». Se Lucian Freud cercava negli antichi maestri dell’arte turbamento e stupore, di certo non ha mancato lui stesso, con le sue opere, di scioccare il pubblico contemporaneo. La sua appassionata predilezione per il soggetto umano, quell’esplorazione cruda della personalità attraverso i toni della pelle, l’affiorare delle vene, i segni, le cicatrici e ogni tratto della carne, così come la scelta di pose eccentriche e poco conformiste, gli hanno provocato spesso accuse di amoralità e persino depravazione. E le lunghe ed estenuanti sedute dei modelli, uomini e donne, quasi sempre nudi, hanno contribuito ad affibbiargli nomignoli quali Lucifero o Mefistofele. Di certo poi, in quanto nipote prediletto del celebre Sigmund Freud, la fama del suo nome, insieme a una aneddotica biografia legata a una vita scapestrata, hanno di fatto superato i meriti della sua arte. 

A distanza di poco più di cento anni dalla nascita e dieci dalla morte, la National Gallery di Londra tributa a Lucian Freud un’ampia retrospettiva volta a superare i filtri della sua vita personale, per concentrarsi sulle sue opere, sul suo instancabile e meticoloso impegno, sui suoi metodi di pittura e sull’importanza delle sue nuove idee dalle quali sono stimolati, oggi, i giovani artisti. 

Attraverso sessantatre dipinti e tre disegni, provenienti da collezioni pubbliche e private di molti paesi del mondo, la mostra offre l’opportunità di riflettere sulla produzione dell’artista - nato a Berlino e vissuto a Londra sin dall'età di vent’anni - all’interno del più ampio contesto della tradizione pittorica europea. «Se la biografia degli autori è un fattore rilevante per capirne l’arte, la sua predominanza tramanda cliché a spese del valore delle opere, viste in contesti più vasti», sottolinea Daniel F. Herrmann, curatore della mostra. «Noi vogliamo offrire nuove prospettive sul lavoro dell’artista, che, tra l’altro, visitava spesso la National Gallery, e i cui dipinti sono stati una sfida e un’ispirazione per lui». 

Così si scopre che, nonostante la sua radicale trasformazione della pittura figurativa, gli antichi maestri restano costantemente presenti in Freud. Se in molti ritratti giovanili, come Ragazza con rose, le protagoniste stringono fiori, per esempio, alla maniera di Hans Holbein, in una serie di nudi, tra cui Ragazza nuda e Avvocato nudo, si trovano “citazioni” dei ben più tradizionali Courbet, Tiziano e Poussin. Il gioco dei drappeggi, infatti, sembra sempre aver affascinato l’artista britannico, che li suggerisce in quelle lenzuola bianche, piegate dal peso del corpo dei suoi modelli visti dall’alto. Freud ce li ripropone anche nel Ritratto del segugio, in cui il suo giovane assistente David Dawson, si mostra platealmente, ovviamente nudo, insieme a un cane assopito, e in Dormendo vicino al tappeto del leone, dove persino la mastodontica Sue Tilley, cassiera di un night club, non lesina al pubblico la sua taglia spettacolare - così lontana dalla proliferazione di foto con donne nude e perfette - che il pittore riproduce con la potenza di una scultura.


Bella ed Esther (1988).


Ragazza con rose (1947), Londra, British Council;