Ogni cinquantamila persone, una ha l’orecchio assoluto, cioè sa riconoscere una nota dopo averla ascoltata una sola
volta. La biro che cade per terra è un fa diesis, il cucchiaio che tocca la tazza al bar è un sol, la capocciata contro uno stipite è un mi bemolle.
Fra questi individui, però, soltanto pochi fortunati metteranno le mani sulla tastiera del pianoforte e cominceranno a suonare. Così, come per magia,
gli accordi saranno armoniosi, vecchie canzoni riempiranno il silenzio e l’emozione del bambino o ragazzino che scoprirà di avere questa dote
inaspettata sarà grande. Avere, poi, una vena compositiva è tutta un’altra storia, costellata di molti solfeggi, molte armonie, molti contrappunti e
molti contrattempi, tipici, questi ultimi, della vita di ogni artista.
Quando Piero Fornasetti, nei primi anni Venti del Novecento, ancora adolescente, seduto di fronte a un foglio e con una matita in mano, nel
giardino della casa estiva di famiglia a Varenna, sul lago di Como, vede apparire sulla carta bianca, in tempo reale, le forme alle quali stava
pensando, rimane elettrizzato. Non smetterà mai più di disegnare. Come accadde per le parole scritte dai profeti, sono le immagini stesse a imporsi e a
guidare la mano del piccolo Piero che impara subito a farsi trascinare dalle belle forme, quasi esse fossero i cani della slitta sulla quale il
passeggero sta seduto. Pur amando molto la musica non credo avesse l’orecchio assoluto, ma se esistesse un occhio assoluto, questo sarebbe il suo.
Piero Fornasetti nasce nel 1913 a Milano nel quartiere di Città studi, dove ancora oggi si trova la sua casa-museo. Nello stesso edificio c’è la
ditta di famiglia e il padre desidera che Piero si diplomi in ragioneria, per condurre gli affari con maggiore competenza. La sua vocazione artistica
non è, però, timida, bensì assoluta, per cui nessuno vi si può opporre. Nel 1930, a diciassette anni, entra all’Accademia di Brera, dalla quale viene
espulso due anni dopo per insubordinazione poiché si era ribellato contro l’assurda assenza del corso di nudo. Ormai, però, Piero Fornasetti ha già
appreso le tecniche pittoriche e nulla lo può fermare. Innamorato dell’armonia, è il Picasso blu e rosa e non quello cubista a influenzarlo. Peraltro,
crede nel percorso di autoformazione. Per sé e per gli altri.
Il suo lavoro parte dal disegno ed è molto più concettuale di tanta arte concettuale. Come diceva lui stesso: «È un biglietto di viaggio per il regno
dell’immaginazione»