Dal titolo, semplice e diretto, della mostra che Torino dedica a Renoir –
Renoir. Dalle collezioni del Musée d’Orsay e dell’Orangerie – emerge un tratto distintivo: la provenienza delle opere. Una provenienza
“d’elezione” che dovrebbe costituire di per sé garanzia di alto livello qualitativo, oltre che di competenza curatoriale. La mostra, ospitata dalla GAM
- Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino, in corso fino al 23 febbraio, a cura di Sylvie Patry e Riccardo Passoni, si basa su un
cospicuo prestito la cui provenienza si divide tra le collezioni del Musée d’Orsay e del Musée de l’Orangerie di Parigi; si tratta di circa sessanta
opere e non di secondo piano.
La scelta, ampia e ben distribuita all’interno della produzione del maestro, consente al fruitore di compiere un itinerario coerente tra i vari periodi
e le varie modificazioni dello stile di Renoir, il quale, è bene ricordare, fu figura tutt’altro che dotata di stile monolitico e privo di ripensamenti
o cambi di direzione. Malgrado l’attuale notorietà, dovuta soprattutto alla fama popolare dello stile impressionistico in generale, non è semplice
comprendere sino in fondo le sfaccettature della ricerca di Renoir, ricerca che lo ha portato, al termine della sua produzione, ad allontanarsi sempre
più nettamente dai presupposti impressionistici per tendere a una figurazione costantemente in bilico tra scomposizione e ricomposizione della figura.
In questo si potrà notare tutta la modernità e la forza di un pittore che ha rappresentato un punto di riferimento indiscusso per molti grandi del
Novecento.
Pensare una mostra su Renoir significa non soltanto doversi confrontare con un pittore dallo stile in costante cambiamento, ma
mettersi a confronto con una produzione quantitativamente elevatissima e tematicamente assai varia. Renoir non è certamente un “radicale”, al contrario
appare come un artista che non si vuole chiudere nessuna porta, che “cerca” in costante evoluzione. Mentre dipinge “en plein air” tiene aperto anche
l’atelier, e in questa molteplicità di direzioni, accompagnata dalla numerosissima produzione, si può scorgere la volontà di un grande sperimentatore,
oltre che la multiforme capacità tecnica di chi conosceva a fondo sia i nuovi linguaggi che le strade più consuete degli stili d’accademia. Renoir non
disdegna il ritratto su commissione e, com’è facile immaginare, tale atteggiamento di apertura al pubblico, e non di rado al mecenatismo, fa di lui uno
stimato e riconosciuto maestro, apprezzato sia dalla critica che dal pubblico, con un discreto numero di allievi dichiarati, sin quasi dagli inizi della
sua produzione pittorica.