Il Martirio di san Lorenzo nasce dalle intenzioni consecutive di due committenti. Lorenzo Massolo, di famiglia nobile ma non particolarmente illustre, che dovette ordinarlo per la sua cappella ai Crociferi nell’intermezzo tra i viaggi di Tiziano a Roma e ad Augusta e lasciò scritto che si provvedesse a finirlo nel suo testamento del 18 novembre 1548, facendo ipotizzare un avvio rapido, prima o dopo il soggiorno tedesco; e che in ogni caso, morendo nel gennaio 1557, non aveva ancora visto nulla. Elisabetta Querini, di specchiata famiglia patrizia, consorte del Massolo, donna colta e indipendente, poetessa (allora) celebrata, che nei primi anni Quaranta aveva avuto da Tiziano almeno due ritratti; che, alla morte del marito, s’incaricò di sollecitare il completamento dell’arca, dell’altare e della pala; e che, essendo a sua volta scomparsa alla fine di gennaio del 1559, probabilmente non vide niente nemmeno lei. Nella vicenda entra almeno un altro protagonista di spicco: il nunzio apostolico monsignor Giovanni della Casa, a Venezia dal 1544, che impegnò nella fase d’avvio dell’impresa i buoni rapporti coi due e con Tiziano, prima di perder la faccia con il sostegno all’Inquisizione e col primo indice di libri proibiti. Sullo sfondo stanno altri importanti personaggi: Pietro Bembo, che per “Isabetta” scrisse sonetti d’amore e lettere di lode; Carlo Gualteruzzi, amico e segretario del Bembo, che ebbe da Tiziano un ritratto di Isabetta, lo prestò al Della Casa e forse non lo vide mai ritornare, nonostante monsignore ne avesse poi avuto un altro tutto per sé; e naturalmente l’immancabile Pietro Aretino, che nel suo invadente epistolario teneva capi e nodi della rete.
Il completamento della pala dovette dunque dipendere dal variabile zelo dei commissari indicati nei testamenti del Massolo e della Querini. Il
primo a ricordarla direttamente è l’ambasciatore Garcia Hernandez in una lettera dell’ottobre 1564 a Gonzalo Perez, segretario di Filippo II, in cui
scrive d’averla vista «in un monastero» (non nella chiesa: evidentemente non era ancora pronto l’altare) e sostiene che Tiziano l’aveva dipinta «molti
anni prima», rimescolando una volta di più le complicate carte.