1858-1870:
francia e italia,
primi intrecci cosmopoliti

Come si è finora visto, anche se per brevi accenni, il panorama della pittura italiana sulla metà dell’Ottocento e poco oltre appare tutt’altro che provinciale e deficitario, come la critica del primo Novecento tendeva a ritenere.

Possiamo piuttosto aggiungere che la storiografia più recente e avveduta è orientata a riconoscere, di qua e di là dalle Alpi, l’esistenza di “comuni denominatori” nelle nuove ricerche pittoriche, anziché ammettere, come un tempo si faceva, influenze a senso unico, ovvero esclusivamente dalla Francia all’Italia.

Non parrà strano esordire, allora, in questo capitolo, con la descrizione del dipinto di un giovane artista francese - Edgar Degas (Parigi 1834-1917) - riconosciuto come uno dei più originali esponenti degli impressionisti, ma che, alla fine degli anni Cinquanta del XIX secolo, era pressoché sconosciuto. La tela in questione, La famiglia Bellelli, è emblematica, in piena epoca positivista, di una sintonia di intenti con le ricerche dei macchiaioli e altri artisti toscani dei cui esordi si è parlato nelle pagine precedenti.

Dunque, è il novembre del 1858 quando il giovane Edgar si trova da qualche mese a Firenze, ospite della zia Laurie de Gas, che ha sposato, in un matrimonio assai poco felice, il barone napoletano Gennaro Bellelli. In quegli anni Firenze, prima ancora del crollo del granducato e della cacciata dei Lorena, è un centro culturale molto vivace, dove si respira una discreta libertà politica. I palazzi sulle rive dell’Arno e in collina accolgono intellettuali stranieri e gli esuli politici che provengono da Roma, dopo le delusioni della prima guerra d’indipendenza. Altri vi giungono da Napoli, come i coniugi Bellelli, che han dovuto trasferirsi a Firenze con le due figliolette Giulia e Giovanna a causa delle idee antiborboniche del barone.