La scena idealizzata si svolge in un tempio circolare con volta a cassettoni simile al Pantheon: luogo antico, simbolo per eccellenza delle arti dove stanno le spoglie di Raffaello, il più grande classicista del Rinascimento. Alle pareti busti di Lisippo, Apelle, Fidia confermano la maestosità dell’evento, mentre Pittura e Architettura tendono ciascuna una corona d’alloro, sedute su un sedile marmoreo anticheggiante. Assieme a loro è la Scultura, il cui serto sta per essere posto sopra la testa di Canova. A sinistra, la Storia iscrive Canova nel libro degli immortali, mentre il Tempo è in catene, sconfitto.
Il foglio servirà per una festa a sorpresa che la poetessa Clotilde Tambroni ha organizzato per omaggiare Canova, che allora, cinquantacinquenne, è il
più stimato artista della penisola, capace di reinterpretare l’antico con grazia e sentimento. A Roma l’illustre scultore segue i giovani allievi
dell’Accademia di palazzo Venezia, dove appunto ha modo di apprezzare Minardi, che poi disegnerà copie delle sue sculture. Niente di più esemplare di
questo disegno per calarsi nell’atmosfera del primo Ottocento, imbevuta del gusto arcaizzante tardo-neoclassico. Sono gli anni in cui, dopo la
proclamazione della Repubblica cisalpina, l’Italia è dominata da Napoleone, incoronato re d’Italia nel 1805. Nei luoghi di potere, ovunque in Italia,
stanno membri della famiglia Bonaparte. Lo stile Impero predomina.
Fra i mecenati amanti delle arti assume un ruolo primario la sorella di Napoleone, Maria Anna, principessa di Lucca e Piombino e granduchessa di Toscana
(1809-1814), meglio nota come Elisa Baciocchi, dal cognome del marito.