Studi e riscoperte. 3
John Singer Sargent tra Napoli e Capri

un'estate
fortunysta

Manuel Carrera

Il soggiorno campano di Sargent sancisce la sua ammirazione per Mariano Fortuny che, in occasione del suo viaggio nel Napoletano, lasciò un’impronta fondamentale nella pittura italiana locale, e non solo, dell’Ottocento.

Con il recente fiorire di studi e mostre sull’arte italiana del XIX secolo è stata finalmente messa a fuoco quella tendenza che, impiegando un neologismo ormai accolto nel vocabolario storico-artistico, viene definita “fortunysmo”, dal nome del pittore catalano Mariano Fortuny y Marsal.

Nell’indagare l’influenza di quest’ultimo sul panorama artistico a lui contemporaneo e negli anni successivi alla sua prematura scomparsa, tali contributi hanno ridestato l’interesse verso alcuni artisti della scuola napoletana, entrati in contatto con Fortuny durante il suo soggiorno a Portici, a poca distanza dal capoluogo campano, nel 1874. Sotto la guida di Domenico Morelli, essi si fecero promotori di una nuova poetica all’insegna della mediterraneità, manifestata in una pittura vibrante e tanto luminosa da far parlare di «impero del bianco»(1). In questo scenario di fervore artistico, precisamente nell’estate del 1878, è prima a Napoli e poi a Capri l’americano John Singer Sargent, convinto ammiratore di Fortuny. L’artista aveva conosciuto già durante gli anni della formazione a Parigi la pittura del maestro catalano, le cui opere venivano acquistate da William Hood Stewart, ricco imprenditore di Filadelfia trasferitosi nella capitale francese nel 1865 (suo figlio, Julius LeBlanc Stewart, era pittore e spesso esponeva con Sargent). Quando approdò a Napoli e subito dopo a Capri, in cerca di ispirazione, ma anche di soggetti esotici conformi al gusto del mercato, Sargent trovò un fortunysmo ormai pienamente affermato e sviluppato secondo le più diverse declinazioni. Le opere realizzate in quei mesi dimostrano che non rimase affatto indifferente alle tendenze locali, ma anzi vi aderì con entusiasmo: il Sargent di Napoli e Capri, insomma, può essere definito fortunysta a tutti gli effetti. Durante il soggiorno in Campania sperimentò ardite soluzioni cromatiche e luministiche, aggiornate alle ricerche coeve dei fortunysti napoletani, che si rivelarono fondamentali per gli sviluppi della sua pittura.