Francesco Molinari Pradelli non è solo uno dei più grandi direttori d’orchestra del Novecento, ma anche uno dei più
intelligenti collezionisti di pittura barocca italiana. Si può dire che, sceso dal podio dei maggiori teatri europei e americani, il suo primo pensiero
andasse alle pinacoteche, alle collezioni private, alle gallerie degli antiquari, ai laboratori di restauro e, più in generale, all’allargato mercato
dell’arte che alla fine degli anni Cinquanta e negli anni Sessanta del Novecento offriva occasioni oggi impensabili per un collezionista in grado di
cogliere la qualità dei dipinti con fulmineo colpo d’occhio e di ravvisare, in anticipo sui tempi, l’importanza di artisti che la critica d’arte non
aveva ancora recuperato o adeguatamente apprezzato.
La presenza assidua di Francesco Molinari Pradelli nel teatro San Carlo di Napoli per la direzione di concerti e di opere liriche trova il corrispettivo nella passione, coltivata durante l’intero arco dell’esistenza, per la pittura napoletana d’età barocca, documentata dai dipinti di Luca Giordano, di Agostino Beltrano, di Micco Spadaro, di Lorenzo de Caro e di altri artisti entrati precocemente nella sua collezione, e soprattutto dai capolavori della natura morta italiana quali le tele di Luca Forte, di Giuseppe Recco e di Giuseppe Ruoppolo.